Pare che, proprio quando la Sardegna si stava preparando a salutare l’emergenza legata alla peste suina africana, un incubo sia emerso con ritrovata intensità dal passato. Si tratta della cosiddetta Blue Tongue o, se preferite, lingua blu, una febbre catarrale che colpisce gli ovini: secondo quanto trapelato dai rapporti messi a punto dalle autorità sanitarie locali, pare che il numero di animali già coinvolti si aggiri intorno alle 12 mila unità, con undici morti distribuiti in ben sette focolai attivi. Attualmente sono 28 i capi in fase di sospetto e 32 i cosiddetti estinti, anche se di fatto i dati mostrano una situazione che inesorabilmente scivola verso un continuo peggioramento del quadro complessivo.
Le autorità veterinarie hanno individuato i focolai nella zona del basso Oristanese e in Ogliastra: i sospetti, invece, sono soprattutto nel Sulcis, mentre molti di quelli già estinti si trovavano nel centro-nord Sardegna ed in particolare nella parte occidentale. I dati dello scorso anno risuonano ancora cupi: le pecore morte furono oltre 30 mila, mentre il morbo arrivò a coinvolgerne più di un milione. La Regione su pressione di Coldiretti Sardegna alla fine stanziò 7,1 milioni di euro che, tuttavia, non sono ancora arrivati nelle tasche dei pastori.
“Non c’è tempo da perdere” ha commentato a tal proposito il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu. “È fondamentale attivarsi immediatamente con un piano di emergenza che limiti al minimo la diffusione della lingua blu e i suoi effetti nefasti che purtroppo conosciamo bene evitando la definitiva mazzata per un comparto afflitto dal caro prezzi e dalla pesante crisi economica che stiamo vivendo. Oltre ai pastori il virus colpisce anche gli allevatori di bovini, veri serbatoi del virus e vittime indirette con i continui blocchi della movimentazione che comporta gli esami della reazione a catena della polimerasi (PCR), con un costo di circa 25 euro, e trattamento con repellenti nei sette giorni precedenti la partenza dell’animale”.