Non c’è certo bisogno della sfera di cristallo per immaginare che il 2020 sia stato l’annus horribilis della ristorazione. Se i prolungati periodi di chiusura imposti dal Covid e tutte le restrizioni che si sono susseguite da marzo 2020 a oggi non bastano a convincerci, date un’occhiata all’ultimo report dell’Osservatorio sui bilanci 2020 delle Srl del Consiglio e della Fondazione nazionali dei commercialisti, che mostrano un crollo del 45% del fatturato del settore. Un crollo che, nel caso di alcune regioni, si è configurato su percentuali ben più alte della media nazionale: è il caso della Sardegna, dove il fatturato è precipitato del 46,9%.
Ancora più drammatico, nel contesto dell’isola, è stato il calo del valore aggiunto (-5,7%) o della produzione (-42,4%). Si tratta di numeri che di fatto confermano “le stime fortemente negative per il settore alberghiero e della ristorazione e mostrano anche che i sostegni pubblici al settore non sono stati in grado di contenere il calo del valore della produzione, se non in misura molto limitata”. Peggio della Sardegna troviamo solo il Lazio (quasi al 52 per cento di decremento), Basilicata (49,9%), Veneto (48,7%), Toscana e Campagna (47,9%) e Lombardia (47,2%).
Nello specifico, sempre facendo riferimento al report di cui sopra, emerge che all’interno dello stesso settore alcuni comparti hanno sofferto più di altri: guidano la classifica gli alberghi e strutture simili (-55,7%) e alloggi per vacanze (-47,4%), senz’altro penalizzati anche dal blocco del turismo; mentre ristoranti e attività di ristorazione mobile (-39,9%), bar (-38,3%) e servizi di catering (-36,7%) hanno avuto perdite sempre disastrose ma comunque più contenute. Va sottolineato, inoltre, che la Sardegna ha messo a segno uno dei cali meno preoccupanti (nella negatività generale) nel commercio: in questo contesto, la variazione nel 2020 è stata del -3,2%.