Dovrebbe essere difficile affacciarsi al mondo del delivery senza considerare, almeno di sfuggita, l’ingombrante problema etico che sovente viene ignorato nel nome della comodità. La “questione rider“, potremmo definirla: stipendi bassi, potere contrattuale così leggero da essere praticamente inesistente, condizioni di lavoro talmente pericolose che le notizie di incidenti stradali o pestaggi di gruppo sono dolorosamente comuni. Una lunga lista di problemi a cui si aggiungono episodi come quello di recente raccontato da Salvatore Aranzulla, che in una sfuriata pubblicata sul proprio profilo social ha lamentato una disavventura con Deliveroo, con un rider che ha dovuto attraversare mezza Milano in bici per portare al divulgatore informatico più famoso dello Stivale.
Salvatore Aranzulla e l’attacco a Deliveroo
Nel suo j’accuse Aranzulla lamenta di aver ordinato una pizza a un ristorante apparentemente vicino alla sua abitazione, salvo poi riceverla da un locale situato nella parte opposta del capoluogo lombardo. Dobbiamo ammettere, però, che dalle parole del nostro guru dell’informatica trapela soprattutto una certa frustrazione per la mancata efficienza dell’intera operazione anziché una forma di empatia nei confronti del rider obbligato alla consegna.
In altre parole, l’intero post sembra leggere più come una lunga lamentela sul malfunzionamento del servizio che una denuncia sulle effettive condizioni lavorative dei centauri del gusto. I nostri lettori ricorderanno che vi abbiamo raccontato di un caso simile qualche tempo fa, quando Andrea Bassi, ex consigliere regionale e assessore a Verona, ordinò un hamburger con delle patatine salvo poi scoprire che per consegnarlo il rider incaricato aveva dovuto pedalare per cinquanta chilometri.
“Mi sono chiesto: ma questo povero Cristo ha dovuto patire per portarmi a casa degli hamburger con patatine?” aveva commentato Bassi. ““Da parte mia posso dire che sebbene non voglia demonizzare il sistema, fino a quando non vedrò un cambiamento, non contribuirò a perpetrare lo sfruttamento“.
Il post di Aranzulla è decisamente più conciso: “Faccio un ordine su Deliveroo per ordinare una pizza da un ristorante vicinissimo a casa: l’app, per non so quale motivo, mi fa fare l’ordine da un punto vendita dalla parte opposta di Milano” scrive. “Quando me ne accorgo, provo a sentire l’assistenza: sono disposto a pagare per l’ordine e la consegna, ma non a riceverlo perché non ha senso fare pedalare una persona dall’altra parte di Milano”.
“Risposta: non è possibile e ti chiudono la chat. Insomma, hanno fatto pedalare per mezza Milano una persona per consegnare una pizza che è immangiabile” conclude Aranzulla. “Ma andatevene a quel paese!”.
In casi come questi, tuttavia, è utile ascoltare anche l’altra campana: “L’ordine è stato consegnato al cliente in meno di mezz’ora” ha precisato Deliveroo “un tempo nella media della stragrande maggioranza degli ordini effettuati su Deliveroo”.