Pane e mortadella come merenda a scuola, evidentemente, non va più tanto di moda. E neanche qualche fetta di salame con un bicchiere di rosso. Gli Italiani, i salumi, li mangiano decisamente meno di un tempo, e questo – sommato all’aumento dei costi generali – sta mettendo in crisi un comparto. Comparto che rappresenta peraltro una grande tradizione del nostro Paese, che tocca vette molto alte con le piccole produzioni artigianali di nicchia. Ecco, forse è a quelle, come sempre, che bisognerebbe puntare per salvare il salvabile. Perché per il resto, dal post pandemia in poi, le aziende del comparto suinicolo sembrano vedere un’inesorabile discesa.
Il punto di vista di Assica
A confermarlo è Assica, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, riunitasi nella sua assemblea nazionale a Roma, dove è stato analizzato il difficile anno passato. La flessione nella produzione di salumi, tanto per capirci, è stata ridotta nel 2021 del -2,2% rispetto all’anno precedente. Questo a causa anche di una flessione in negativo della domanda, sia interna che estera. E la situazione non sembra migliorare per il 2023. “L’incremento dei costi produttivi supera il 25%.L’inflazione del primo trimestre 2023 al consumo è circa 8%.Altrettanto evidente è che le industrie del settore hanno mantenuto calmierati i prezzi finali di vendita a tutela dei consumatori. Con una sempre più marcata contrazione dei margini e della redditività delle aziende e problemi di liquidità alle imprese”, ha dichiarato il presidente di Assica Pietro D’Angeli. L’aumento del costo del denaro, che avrà i suoi pieni effetti nel 2023, contribuirà ad appesantire enormemente i conti economici delle imprese che hanno fatto e dovranno fare ricorso al sistema bancario per il proprio fabbisogno finanziario. A questo scenario già preoccupante si affianca la perdita di potere d’acquisto delle famiglie: il consumatore italiano è più in difficolta e si sta rivolgendo a categorie di acquisto più basse. Il rischio di contrazione dei volumi di vendita dei nostri prodotti, per tutti noi, è evidente. Non da ultimo, la recente alluvione in Emilia-Romagna ha compromesso i raccolti del 2023 facendo prevedere un nuovo incremento dei costi di grano e mais con il rischio di nuovi aumenti dei costi di allevamento”.