Salt Bae ha conquistato uno spicchio di notorietà nell’ormai lontano 2017 e vi si è aggrappato con tutte le sue forze creando un personaggio basato sulla tamarraggine, sull’avambraccio sudato e sull’essere sempre e costantemente sopra le righe. È senza ombra di dubbio un individuo divisivo: parlando di lui c’è chi non può fare a meno di borbottare insulti e chi, invece, ne ammira la capacità imprenditoriale. Attenzione, però; perché ridurre Salt Bae a un ometto spaccone e pieno di sé ma che, fondamentalmente, non offende nessuno (con l’eccezione del buon gusto) potrebbe rivelarsi un grossolano errore di valutazione: una recente indagine di Insider ha infatti portato alla luce profonde vene di misoginia e discriminazione basate sulla nazionalità.
Salt Bae: da tamarro amante della carne a tiranno dell’eccesso
I nostri lettori più attenti sapranno che accuse di questo tipo sono tutto fuorché una novità: nel novembre del 2021 il nostro turco preferito fu denunciato per aver minacciato di morte un cameriere, e diversi ex dipendenti non hanno esitato, negli anni a venire, a raccontare di un ambiente di lavoro tutt’altro che disteso. D’altronde la testimonianza degli ex dipendenti è la pietra angolare della sopracitata indagine di Insider, un lungo report che svela il lato oscuro di un personaggio che ha saputo fare della propria spettacolarità una vera e propria carriera.
Numerosi ex dipendenti, ad esempio, hanno affermato di avere subito discriminazioni sulla base della propria nazionalità: pare che Salt Bae sia solito trattare i suoi dipendenti turchi con particolare favore, riservando invece un approccio decisamente più ruvido per tutti gli altri. Angelo Maher, ex cameriere presso uno dei ristoranti di Salt Bae rimasto licenziato nel 2020, ha raccontato di essere stato chiamato “merda spagnola” di avere subito “intimidazione fisica e discriminatoria” in quanto non di nazionalità turca.
Alle dipendenti donne, per di più, era riservato un trattamento ancora più deumanizzante; in quanto erano costrette a indossare “abiti succinti” e sovente venivano “molestate dai colleghi di sesso maschile”. Elisabeth Cruz, ex barista presso uno dei locali di Salt Bae, ha raccontato di avere subito numerosi commenti da parte di manager e altri colleghi che facevano intendere una sua certa promiscuità sessuale, e sottolineato che le dipendenti donne di nazionalità turca non erano invece costrette a indossare vestiti succinti.
Salt Bae non ha apparentemente risposto ai tentativi di contatto da parte di Insider. Christy Reuter, avvocato che lo rappresenta, ha tuttavia rilasciato una dichiarazione in cui sosteneva che “le accuse [presentate] non sono altro che un rimaneggiamento di vecchie cause legali in cui le rivendicazioni sono state contestate e risolte da tempo”. La macchia, ingombrante e nerissima, rimane: un buon promemoria che non è tutto oro quel che luccica.