Dopo un giorno la paranoia generale ha colpito gli italiani e sono iniziate le imboscate contro i sacchetti a pagamento. Autogol, più che imboscate.
La legge che impone l’uso dei sacchetti biodegradabili per i prodotti alimentari sfusi è entrata in vigore il 1 gennaio, tra chiusure di supermercati e frigoriferi troppo pieni di avanzi per fare la spesa, il primo giorno dell’anno è passato senza azioni di disturbo.
Ma era la quiete prima della tempesta.
Ieri, 2 gennaio, gli italiani hanno affrontato a modo loro la novità introdotta dal famigerato articolo 9-bis della legge di conversione 123/2017, approvato lo scorso agosto, che introduce l’obbligo di utilizzare buste bio per frutta, verdura, affettati e qualunque prodotto non sia venduto già impacchettato.
Ad aver generato la guerriglia nei supermercati non sono i presupposti di sostenibilità ambientale, ma l’obbligo all’acquisto dei sacchetti.
[Dal 1° gennaio pagheremo i sacchetti per frutta e verdura]
Obbligo? Certo, recita l’articolo 9-bis: “Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite”.
Tradotto: i sacchetti eco-friendly devono essere a pagamento, oltreché monouso, pena una multa inflitto ai punti vendita dai 2.500 ai 25.000 euro.
Fatta la legge, gli italiani delle pagine anti-sistema di Facebook si sono messi al lavoro per trovare l’inganno. Forte la volontà di boicottare i sacchetti biodegradabili imposti da quei fetentoni dei supermercati, e finalmente, ecco la soluzione del problema.
Appiccicare le etichette della merce pesata direttamente sulla frutta, bypassando l’involucro.
CONSIGLIO PER NON PAGARE IL SACCHETTO DI PLASTICA 3 CENTESIMI.. PESARE UN PEZZO ALLA VOLTA E METERE L’ETICHETTA SU OGNI PEZZO..LA REAZIONE ALLA CASSA? MUTI !!! Se sei d’accordo fai RT grazie #MovimentOnesti pic.twitter.com/xOAL6Ni8Sb
— Claudio Degl’innocen (@ClaudioDeglinn2) 2 gennaio 2018
Fatta la legge,
trovato l’inganno….#sacchettibiodegradabili pic.twitter.com/WSAVeJOnHK— FedeR ? (@FedeRoss70) January 3, 2018
Peccato che l’operazione “Boicotta il sacchetto”, tutt’altro che ingegnosa, abbia aggiunto al danno la beffa.
Così facendo, alle casse, si paga un sacchetto per ogni codice a barre.
Quattro arance sfuse?
Per il sistema elettronico costano come quattro arance sfuse più quattro buste biodegradabili. È la cassiera se la ride.
E niente….anche se non prendi i #sacchettibiodegradabili perché compri 1 pezzo unico, te lo fanno pagare. #ladri pic.twitter.com/JwdQysEFne
— Enrico ★★★❤️6 (@24enrico) 2 gennaio 2018
Vani anche i tentativi di eco-boicottaggio, presentarsi al punto vendita con il sacchetto portato da casa, che sia di plastica, carta o stoffa, come vi abbiamo già detto, non si può.
Tra i boicottatori c’è chi devia sugli alimenti già imballati, ritrovandosi a pagare più del dovuto quattro mele nell’involucro di polistirolo. Come se il costo del packaging non fosse già incluso.
Ora, è comprensibile non simpatizzare per la nuova legge visto che si tratta pur sempre di un nuovo costo, e obtorto collo, insomma, imposto per legge, ma è possibile che non esistano soluzioni migliori?
Una seria alternativa arriva dalla Svizzera, e si chiama “multi-bag”. In pratica si tratta di sacchetti a retina, riutilizzabili e lavabili in lavatrice a 30°C, su cui si possono attaccare e staccare le etichette con il prezzo dei prodotti acquistati.
Basteranno per riportare la calma nei supermercati italiani, e archiviare definitivamente un giorno di ordinaria follia?