Agire subito e farlo in maniera concreta – ricorrendo anche all’intervento dell’esercito, se necessario. Questo il sunto delle richieste avanzate dagli allevatori e agricoltori italiani riunitisi a Roma lo scorso 27 maggio per protestare con l’invasione di cinghiali, individuata sia come principale vettore dell’emergenza della peste suina africana sul territorio nazionale che come problema per la sicurezza alimentare e cittadina. Gli animali selvatici non sono infatti solamente colpevoli, secondo quanto rivendicato dagli agricoltori, di distruggere i raccolti, ma anche di attentare alla sicurezza dei cittadini: in questo contesto, la soluzione richiesta dai manifestanti è un piano di abbattimenti straordinario.
“La presenza fuori controllo della fauna selvatica favorisce l’abbandono delle nostre campagne, crea danni incalcolabili alle produzioni e rappresenta un problema per sicurezza e la sanità” ha commentato a tal proposito Francesca Ferrari, Presidente Coldiretti Massa Carrara. “Chiediamo un piano di eradicazione serio. Usiamo l’esercito se necessario per riportare la situazione alla normalità e difendere le imprese agricole dalla calamità dei cinghiali e dei caprioli”. Vero, la situazione è seria e necessita di un intervento efficace – ma “caprioli calamitosi” non vi sembra un ottimo nome per una band metal sostenibile?
Va detto che la mattinata di proteste ha portato ad alcuni progressi: il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha infatti dichiarato l’intenzione di volersi impegnare per redigere un’ordinanza per l’abbattimento sul territorio nazionale e il prolungamento dell’attività venatoria per contrastare il numero crescente della popolazione di cinghiali selvatici.