Mangiare fuori casa è sempre più costoso: secondo i dati inerenti al tasso di inflazione del mese di settembre diffusi nella giornata di oggi, lunedì 17 ottobre, dall’Istat, i prezzi della ristorazione – termine a ombrello che, in questo caso, usiamo per riferirci a bar, ristoranti, pizzerie e altre tipologie di locali – sono di fatto aumentati dell’1% rispetto al mese precedente e del 5,9% su base annua. Attenzione, però: i numeri, per quanto vadano di fatto a indicare un insindacabile aumento del costo dell’uscita media, non raccontano la storia completa. È importante notare, infatti, che nonostante il rincaro i prezzi del settore siano di fatto riusciti a mantenersi abbondantemente al di sotto del tasso di inflazione generale, che invece è arrivato a +8,9%. Questione di bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, in altre parole.
L’aumento dei prezzi della ristorazione italiana regge bene anche nel contesto europeo: considerando i ventisette Paesi membri, infatti, i locali del nostro caro vecchio Stivale si piazzano al quart’ultimo posto complessivo per quanto riguarda l’intensità degli incrementi di prezzo. Chiaro, belle parole a parte non tutto è rose e fiori: il settore, dopo essere uscito da un biennio particolarmente tragico a causa del Covid, si trova infatti a dover combattere contro il cosiddetto caro bollette e a dover fare i conti con un futuro che, con ogni probabilità, vedrà un calo dei consumi. Dopotutto, con gli italiani che cominciano a cuocere la pasta con il gas spento per risparmiare, la cena al ristorante di turno rischia di scivolare drammaticamente in passo nella scala delle priorità.
“La dinamica inflazionistica della ristorazione” ha commentato l’ufficio studi di Fipe-Confcommercio “mostra una certa difficoltà delle imprese a gestire la fase di aggiustamento dei listini resa necessaria dall’aumento straordinario dei costi dei prodotti alimentari e soprattutto dell’energia”. Ecco, per l’appunto: occhio alle bollette.