Crisi nella ristorazione, ancora di più nella ristorazione collettiva. A lanciare il grido d’allarme è Massimiliano Fabbro, presidente di Anir Confinustria, l’Associazione nazionale delle imprese della ristorazione collettiva.
“Il lavoro agile – dichiara Fabbro ai microfoni di AdnKronos -determinerà una contrazione definitiva degli addetti al lavoro fuori casa, e questo porterà necessariamente a un esubero del numero dei lavoratori nei termini di almeno il 20% della nostra forza lavoro nel nostro settore, che esprime un fatturato di 6 miliardi di euro e occupa 150mila addetti. Il 20% di essi, quindi, sono 30mila, che al termine del blocco dei licenziamenti necessariamente dovranno essere ricollocati. L’85% di questi collaboratori sono donne e quindi parliamo di decine di migliaia di donne, a bassa scolarità, che all’improvviso si troveranno fuori dal mercato del lavoro, con un forte impatto sociale”.
Un settore, quello della ristorazione collettiva, che durante la pandemia ha avuto un crollo del 100% nella scuola, 78/80% nelle aziende e 25/30% negli ospedali. Ma, secondo Fabbro, gli aiuti dallo Stato non sono stati sufficienti. E ora il settore sta facendo anche i conti con l’incremento del costo dell’energia e delle materie prime.
“Abbiamo chiesto un tavolo con il ministero del Lavoro – fa sapere Fabbro- per trovare una soluzione. Adesso siamo ancora nelle condizioni di essere proattivi per trovare una ricollocazione a questi nostri collaboratori, fra un anno non lo saremo più”.
Tra le richieste che verranno fatte al governo la rinegoziazione dei contratti con la pubblica amministrazione, che rappresenta il 70% dei clienti.