Più molluschi e crostacei, a patto che siano italiani. Dall’inizio dell’anno è aumentata la richiesta di pesce nostrano nei ristoranti, secondo il rapporto di Fedagripesca-Confcooperative che ha registrato una richiesta maggiore (20% in più) da parte delle famiglie, ma anche dei ristoranti inclusi quelli cinesi. Le cause sono da additare al peso dei dazi Usa e alla Brexit per la libera circolazione delle merci ancora da definire. Dulcis in fundo, al Coronavirus.
L’analisi sottolinea un nuovo modo di fare dei consumatori che potrebbe letteralmente sovvertire un settore in cui le importazioni superano il 70% . Sei italiani su 8, dunque, vogliono meno merluzzo, pangasio e aragoste del Maine, più triglie, alici, sarde, sarago, pagello, polpo e seppia. Via libera al sushi mediterraneo anche nei ristoranti orientali che cercano di contenere la fuga dei clienti.
L’Associazione Cinese del Settore della Ristorazione del Nord Italia spiega che nell’ultimo mese c’è stato un calo del fatturato di oltre il 40%; nonostante ormai da 10 anni i ristoranti della zona acquistino materia prima fresca da distributori italiani. Quanto alla Brexit, per Fedagripesca, l’Italia importa fino al 4% di capesante, seppie, calamari e scampi. Appare evidente, quindi, come questi prodotti saranno sostituiti con altri provenienti da altri Paesi magari dall’Europa stessa. Quanto ai dazi imposti dagli Usa all’Europa, nella black list di ottobre erano rientrate diverse varietà tra cui cozze, vongole, telline e molluschi vari.
Fonte: Ansa