Che fosse una stagione complicatissima per l’intera filiera del riso non è di certo un segreto – uno avrebbe dovuto vivere sotto una roccia per non tracciare il collegamento tra la morsa della siccità, che negli ultimi mesi ha attanagliato la quasi totalità delle campagne italiane, e questa particolare coltura. Le stime più recenti indicano crolli produttivi del 30%; mentre le autorità dell’Ente Nazionale Risi sono al lavoro per valutare l’effettiva estensione dei danni provocati dalla carenza idrica grazie all’apporto di immagini satellitari elaborate da intelligenza artificiale. Ebbene, nel contesto del Novarese – di fatto uno dei centri nevralgici della risicultura nazionale – gli esperti stimano una perdita di circa tremila ettari a risaia, equivalenti grossomodo al dieci per cento della superficie totale coltivata a riso.
Importante notare, per di più, che a queste perdite, che si sono concentrate soprattutto nei comuni di Cerano, Vespolate, Tornaco, Borgolavezzaro, Trecate, Bellinzago Novarese, Romentino e Barengo, si dovranno aggiungere danni parziali a coltivazioni che comunque verranno trebbiate: nello specifico gli esperti dell’Ente Nazionale Risi hanno calcolato una perdita del 15% per il Medio, del 12% per il Tondo, del 10% per il Lungo A e del 7% per il Lungo B. Nelle risaie rimaste secche e vuote una sola domanda continua a echeggiare: saranno sufficienti i 15 milioni per rimettere in piedi la filiera?