Tra le colture maggiormente colpite dalla stretta della siccità c’è senza ombra di dubbio il riso: le stime più recenti indicano un calo produttivo che si attesta intorno al 30% – una tendenza negativa che di fatto va a riversarsi anche sui prezzi al consumatore. Considerando il secondo trimestre dell’anno, alcune varietà hanno raggiunto prezzi da record: l’Arborio e il S. Andrea si tengono entrambi su di un +60% su base annua, il Baldo addirittura +70%, e il Carnaroli sbaraglia tutti i record facendo registrare un rincaro del 120% rispetto a giugno dell’anno scorso.
È quanto emerso dal rapporto trimestrale sul mercato del riso redatto dalla Camera di Commercio di Pavia, con la collaborazione tecnico scientifica di Bmti, la Borsa merci telematica italiana, dove di fatto si nota che raddoppiano anche i prezzi Tondi, Selenio e Lido. Importante notare, per di più, che mentre le esportazioni migliorano del 7,3% su base annua, sono aumentate notevolmente anche le importazioni, addirittura del 30% in volume rispetto allo stesso trimestre del 2021 – una tendenza che ha favorito alcuni Paesi asiatici come Birmania, Vietnam e Cambogia.
Ciò che preoccupa, in questo contesto, è che la stretta della siccità sulle zone di maggiore produzione – il basso pavese, il novarese, il milanese e l’area del Delta del Po – ha portato, in concomitanza con i costi elevati dell’energia e alle alte quotazioni dei fertilizzanti, a un preoccupante aumento delle aziende che decidono di appendere la zappa al muro e abbandonare del tutto la coltivazione – un prospetto che potrebbe portare a un ulteriore calo produttivo nel futuro prossimo.