Recensioni negative: due clienti vengono accusate di diffamazione, il Tribunale le assolve

Due donne sono state accusate di diffamazione da un ristoratore per avere scritto delle recensioni negative.

Recensioni negative: due clienti vengono accusate di diffamazione, il Tribunale le assolve

Scrivere una recensione negativa? Un diritto sacrosanto, altroché. Ma badate bene, a dirlo non siamo (solo) noi, ma anche il Tribunale di Lecce, che di recente ha assolto due donne accusato di aver pubblicato online una manciata di commenti evidentemente poco graditi al proprietario di un ristorante. Situazione piuttosto assurda, a dire il vero: le nostre due protagoniste – entrambe 62enni, una di Surbo e l’altra di Avellino – furono infatti accusate di diffamazione da parte del proprietario di un locale in quel di Lido Marini, marina di Ugento, rimasto offeso dalle loro recensioni e volenteroso di ripristinare la propria reputazioni agli occhi del mondo.

Le recensioni incriminate

ristorazione

Il gioco delle recensioni lo conoscete bene, immaginiamo. Per onestà intellettuale è bene riconoscere che si tratta di un’arma a doppio taglio: da un lato permette ai clienti di segnalare un locale sporco, troppo caro, con il personale sgarbato e chi più ne ha più ne metta (provando, nel farlo, anche un torbido senso di rivalsa); ma dall’altro c’è il rischio che questo “potere” sia abusato e che un ristorante divenuto famoso per questo o per quel motivo ed evidentemente antipatico all’opinione pubblica rimanga seppellito da recensioni negative. È un po’ il caso di Salt Bae, per intenderci.

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L’esperienza delle due donne, tuttavia, non è solo quella tipica dei clienti: la prima ci ha lavorato come cuoca e non ha esitato a etichettare il titolare come “impressionante”, “bipolare” e “aggressivo”, arrivando anche ad accusarlo di averla minacciata e aggredita. Le “colpe”, tuttavia, non si limitano all’avere una miccia particolarmente corta: “Alimenti e pesce scaduto che lo fa passare per fresco” si legge nella recensione. Un bel dito puntato, insomma. Non diciamo quale.

La seconda imputata, collega della prima, parla invece di “porzioni non consone al prezzo, pesce scaduto, locali fatiscenti, titolare violento anche con il personale oltre che con i clienti”. Se una rondine non fa primavera, due sono perlomeno degne di sospetto. Come accennato, comunque, il titolare non ha gradito e ha denunciato il tutto innescando un processo per diffamazione a carico delle due ex dipendenti.

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Il giudice è stato chiaro: i commenti, per quanto possano essere offensivi, rientrano “nel diritto di critica spettante ad ogni privato cittadino”. Per di più quanto sostenuto nelle recensioni “corrisponde a verità”, in quanto durante l’istruttoria sono emersi elementi che fanno ritenere fondate le parole delle due donne. Intenzionato ad andare a fondo, il giudice ha poi ascoltato la testimonianza di altri ex dipendenti e clienti accertando una “abituale condotta aggressiva” nei confronti degli uni e degli altri.

Discorso lievemente diverso per il commento della cuoca, che usava parole come “bipolare” che superano il pubblico interesse. Nel suo caso, ha spiegato il giudice, la donna ha agito provocata dall’aggressione subita e quindi sotto uno stato d’ira. La morale della favola? Entrambe assolte – per la cuoca “il fatto non costituisce reato”, per la collega il fatto non è punibile.