Non mi lamenterò più delle panettonate sociali di provincia che ti costringono a sessioni ravvicinate di panettone in proporzioni sovrumane. E forse non accetterò di sottostare alla regola del primo panettone che passa per strada.
E’ che l’esperienza di fare da giurata al Premio PanGiuso, il concorso che all’interno di Re Panettone (alla Fabbrica del Vapore di Milano oggi e domani) proclama il panettone artigianale migliore d’Italia, ti cambia un po’ la vita.
Innanzitutto ti lascia quei due chili in più che, in prossimità delle feste, servono a “fare fondo” come dicono i ciclisti.
Poi passare un pomeriggio intero seduta ad un tavolo con Pier Bergonzi (Gazzetta dello Sport), Bruno Lulani, Roberta Schira (Corriere della Sera) e Alfonso Pepe (pasticcere eminente, il cui panettone stavolta non era in gara, assente anche un altro pezzo da novanta, Maurizio Bonanomi della Pasticceria Merlo di Pioltello, Milano) ad assaggiare 30 panettoni tradizionali ti insegna un sacco di cose.
E dopo, il panettone non lo vedrai mai più come prima. Ad esempio, quella faccenda della pirlatura: sembra una cosa da pirla, ma se la sbagli sei finito.
Durante le fasi più concitate dell’assaggio alla cieca si possono sentire discussioni di questo rango:
“Sento il lievito stanco…”
“vabbè ma lo si può recuperare, il lievito è come un bambino che cade malato”
Cose da nerd dei lievitati? Può essere, ma chi di noi non lo è almeno un po’? Almeno da quando il panettone pare diventato il sacro graal della pasticceria artigianale, e soprattutto da quando Re Panettone (mai nome fu tanto profetico grazie all’organizzatore Stanislao Porzio) è diventato più affollato degli Obei Obei e con più fedeli che la Madunina. Anche perché nella mostra mercato i panettoni non si comprano a 30 euro e passa come in pasticceria ma al prezzo politico di 22 euro.
La raccolta di meraviglie della pasticceria da tutta Italia alla Fabbrica del Vapore, tra oggi e domani, sancisce definitivamente l’inizio delle feste meneghine (da quest’anno anche partenopee): rassegnatevi, è ora di tirare fuori la base dell’albero di Natale.
Insomma, oggi sono entrata in grande confidenza col panettone. Il petting è stato lungo e un po’ untuoso, lo svestimento dal pirottino molto sexy, il corteggiamento animalesco con palpamenti e annusate e, alla fine, qui lo dico e non lo nego più: mi sono un po’ invaghita.
Se ho sempre pensato di preferire altri dolci meno dolci, oggi ho avuto la conferma definitiva che (se fatto a regola) il panettone regala emozioni di palato nemmeno paragonabili ai tanti crumble e sorbetti che ho ingurgitato nell’ultimo anno.
Detto questo, durante la degustazione collettiva, mi sono annotata le votazioni personali in centesimi, ecco la mia personale Top 15, al netto dei lievitati che sono risultati fuori concorso perché non conformi al regolamento.
#15 MAMMA GRAZIA – Nocera Superiore (SA)
Il bisnonno Giuseppe ha fondato, 80 anni or sono, questo tempio dei lievitati in provincia di Salerno. Oggi Giuseppe continua la tradizione di famiglia con (tra gli altri) la produzione di un panettone tradizionale con tutti i crismi. Notare la scarpatura da manuale. VOTO: 61
#14 VIGNOLA – Solofra (AV)
Qui abbiamo un prodotto all’apparenza più anemico, ma non vale certo lo stesso giudizio una volta che si taglia il panettone. Dentro è profumato e, cosa fondamentale, molto buono. Dal 1970 il lavoro artigianale dello staff del Cafè Vignola continua senza sosta, e senza sbagliare un colpo. VOTO: 63
#13 QUAGLIOTTI – Fornovo di Taro (PR)
Cristiano Quagliotti e la moglie Maria Pia sono gli artefici di questa bellezza lievitata. La loro pasticceria in provincia di Parma è un must per gli amanti dei dolci fatti secondo tradizione, ma con tocchi originali. VOTO: 71
#12 DOLCEARTE – Mornago (VA)
Niente semilavorati, surrogati, grassi vegetali idrogenati, conservanti. A Mornago, in provincia di Varese, da qualche anno Dolcearte detta legge in primis per la selezione di materie prime di assoluto valore. E queste cose si sentono tutte anche nella ricetta del panettone tradizionale. VOTO: 75
#11 DALL’OMO – Verona
Sembra disegnato da autocad, invece è vero. E non è male per nulla. Il panettone di Davide Dall’Omo nasconde al suo interno molta personalità, colori e profumi notevoli. E mi ha fatto venire voglia di assaggiare pure il pandoro. VOTO: 76
#10 COMI – Missaglia (LC)
Si entra nella top ten con la pasticceria Comi di Missaglia, conosciuta soprattutto per gli intrecci virtuosi tra tradizione e innovazione. Anche limitandosi solo alla ricetta classica del panettone, qui se la cavano piuttosto bene. Cedri compresi. VOTO: 78
#9 NATALE – S. Cesario (LE)
Fernando Natale apre il suo piccolo laboratorio in provincia di Lecce nel ’78. Da allora l’omonima pasticceria non ha fatto altro che restare al passo coi tempi (e i tempi cambiano anche velocemente in pasticceria) e si è guadagnata un posto nel cuore dei leccesi (e direi non solo). VOTO: 79
#8 CAFE’ DU SOIR – Agnone (IS)
Il Molise c’è, esiste. A dimostrazione di questo c’è il panettone tradizionale di Gerry, pasticcere del Cafè du Soir, che fa venire voglia di affondarci dentro mani e faccia. E, di certo, potrebbe essere un soffice cuscino, migliore di tanti altri. VOTO: 86
#7 MIMOSA – Tolentino (MC)
E’ Roberto Cantolacqua l’artefice di questa piccola meraviglia, concentrato di profumi che basterebbero già da soli, e invece poi arrivano anche i sapori, che non tradiscono le aspettative. VOTO: 87
#6 SAL DE RISO – Tramonti (SA)
Ha bisogno forse di presentazioni Salvatore De Riso, big della pasticceria nazionale? La scuola di Iginio Massari è solo l’inizio di un percorso costellato di successi, ma oggi c’è molto di più di un allievo nella pasticceria di Tramonti. Leggermente sotto le (ingombranti) aspettative, ma pur sempre un panettone di altissimo livello. VOTO: 90
#5 MAZZALI – Governolo (MN)
Mantova, patria dei tortelli alla zucca. Ma da oggi anche del panettone, grazie alla pasticceria Mazzali che spinge l’acceleratore su una ricetta tradizionale milanese, riuscendo decisamente meglio di molti milanesi doc. VOTO: 93
#4 PREGIATA FORNERIA LENTI – Grottaglie (TA)
Non è una novità che Lenti faccia cose buone, lievitati in primis. Ma che da una forma così “svantaggiata”, con base un po’ troppo compressa e non certo perfetta, ne uscisse uno dei panettoni più buoni degustati è stata una sorpresa. E così è andata. VOTO: 93
#3 MARRA – Cantù (CO)
Di Marra avevo assaggiato il tombolo, il dolce ispirato a una delle eccellenze locali: il pizzo di Cantù. E, a dirla tutta, mi aveva lasciata un po’ perplessa. Nessun dubbio, invece, sul panettone che è bello quanto buono, profumato quanto saporito. Davvero notevole. VOTO: 95
#2 MACELLARO – Piaggine (SA)
Classica forma a funghetto, perfetta e senza fronzoli nella sua voluttuosa burrosità. Pietro Macellaro è una sicurezza granitica nel panorama cilentano, ma anche nazionale senza paura di esagerare. Burro di bufala, miele del cilento che regala profumi di castagno e fiori, apoteosi di arance candite. Uno spettacolo. VOTO:95
#1 TIRI 1957 – Acerenza (PZ)
Quando si dice la perfezione (quasi) assoluta. Vincenzo Tiri produce un panettone che è capace di richiamare la Madeleine proustiana di ognuno di noi. Questo è IL panettone, quello che tutti vorrebbero trovare sotto l’albero, quello che nelle scorze d’arancia candite trova la sua chiave di volta, insieme ad una soffice, voluttuosa pasta lievitata più di 40 ore. Magistrale. VOTO: 98
Note (dalla) degustazione:
Non per essere assillante, ma il panettone del supermercato non appartiene alla stessa categoria di quelli assaggiati.
Qui diciamo pure che si può cercare il pelo nell’uovo e farsi venire un po’ di puzza sotto il naso stando attenti ai dettagli, ma il livello qualitativo in generale era ottimo.
Altro che a Natale, questi andrebbero mangiati tutto l’anno (cosa che i saggi fanno già da mò).
E comunque, visto che Natale è pur sempre un giorno speciale, io ho selezionato con cura (e con 5 ore di seduta) il mio preferito. Ora tocca a voi, e se vi conosco un pochino so che non sceglierete tanto per scegliere.