Questa trattoria di Manhattan è diventata il posto del cuore dei tennisti italiani

Via Della Pace a New York è diventato luogo d'incontro e celebrazione per i tennisti italiani agli Open. Ecco perché e come si mangia.

Questa trattoria di Manhattan è diventata il posto del cuore dei tennisti italiani

Spesso è capitato di occuparci di ristoranti italiani a New York, dagli indirizzi autentici a quelli dedicati alla pasta. Quello di cui vi parliamo oggi però è diventato famoso per una ragione non strettamente legata al cibo: Via Della Pace nell’East Village è da qualche anno il luogo elettivo per i tennisti italiani in gara agli US Open. La competizione, che si svolge nel Queens, attira atleti da tutto il mondo e i nostri, da bravi campanilisti, non rinunciano alla cucina nazional popolare neanche in trasferta.

Una tradizione tennistica

via-della-pace.5

A lanciare la notizia il New York Times, che oltre alla fama di testata autorevole a livello globale, spesso si occupa di facezie e mondanità relative alla metropoli che rappresenta – com’è giusto che sia. Questa settimana è apparso un articolo piuttosto lungo sul legame tra tennis italiano e Via Della Pace, una tradizione consolidatasi negli ultimi anni soprattutto grazie all’animata e genuina tifoseria dei proprietari, Marco Ventura e Giovanni Bartocci.

Secondo l’articolo, nell’arco delle tre settimane di durata degli Open statunitensi quasi ogni sera è possibile incontrare gruppetti di atleti seduti al tavolo. Marco Berrettini, dicono, è cliente fisso. Sono apparsi a ripetizione anche Lorenzo Musetti, Lucia Bronzetti, Fabio Cobolli, Sara Errani, Jasmine Paolini. Paolo Lorenzi, ritiratosi da giocatore tre anni fa e oggi direttore del torneo Internazionali d’Italia a Roma, ha dichiarato: “Giovanni e Marco hanno portato l’Italia a New York”.

Dal canto loro, i proprietari sono ben contenti della partnership. Che ricambiano allo stadio: Bartocci in particolare è fan agguerritissimo e assai riconoscibile. Il NYT lo fotografa (letteralmente a parole) con uno stile hipster, capelli lunghi raccolti in un bun e un anello d’argento per dito. Dopo la partita, tutti a mangiarsi la pasta. Il ristorante fa di tutto per accontentare i suoi clienti più speciali: dall’aria condizionata regolata a temperature meno polari della media americana, alle modifiche del menu in adempimento alle necessità nutrizionali degli atleti.

Il ristorante

via-della-pace.2

Ma cosa ha di speciale questo ristorante, soprattutto vista l’altissima densità di proposte simili (e migliori) in tutti i cinque boroughs di New York City? Francamente: niente. Via Della Pace sorge all’87 East 4th Street dal 1 maggio 2022, dopo che un incendio aveva distrutto la location precedente più a nord sulla 7th Street. Da fuori si presenta con uno stile un pelo kitsch, caratteristica squisitamente tipica dei ristoranti italiani all’estero che vogliono ricreare l’atmosfera da “vecchia trattoria”.

Ci sono i mille oggetti appesi alle pareti, dai vecchi cartelloni pubblicitari al goliardico segnale Senso Unico rubato chissà dove. I memorabilia del calcio un po’ dappertutto (Bartocci oltre che fan tennistico è tifoso sfegatato della Lazio), la televisione dietro al bancone che ormai è consona solo al pub, le magliette di dubbio gusto (Bravagente) postate su Instagram. Fino all’insegna stessa del locale che ricalca il segnavia in marmo delle vie di Roma. E poi c’è il menu abbastanza generalista, con un’inclinazione lodevole ai piatti tipici romani.

Cosa si mangia?

Interessante la proposta di fritti, tra cui anche gli inusuali supplì, e di pinsa romana. Buona la sezione pasta che, a parte i generici lasagna alla bolognese e ravioli di aragosta, propone i classici intramontabili della capitale: cacio e pepe, gricia, carbonara, amatriciana. Evitabili le insalate, rinominate e fatte su misura di quegli stessi luoghi del centro storico che le propinano ai turisti. Lo stesso vale per i secondi che fra milanese di pollo, bistecca di manzo e tonno alla griglia non aggiungono nulla, se non un rivisto e rimangiato a iosa dall’Autogrill in su.

Un concetto di zona comfort che però piace a molti, compresi quegli stessi atleti che in teoria dovrebbero essere più cosmopoliti del turista medio. Lo condensa alla perfezione una frase di Lucia Bronzetti, battuta lo scorso giovedì da Aryna Sabalenka. “Noi atleti italiani siamo tutti amici, ci piace uscire insieme e andare a mangiare italiano dovunque ci troviamo. Di solito non provo altre cucine. Beh, a New York magari un hamburger me lo mangio”.