In fondo al cuore, lo sappiamo tutti: la bolla mediatica della cucina è scoppiata.
Le chef star son sempre le stesse da anni, i libri di ricette vendono ormai come quelli di poesia tagika, pure di Masterchef si parla ormai stancamente e quasi si rimpiangono i tempi andati in cui la mattina al bar si poteva sparlare della patatina di Cracco.
Cracco, patatine e la pubblicità
Cracco: prima delle patatine
La cavalcata è finita ma non senza lasciare il segno: il mondo che è rimasto è d iverso da quello che era, abbiamo più idee, più passioni, più oggetti.
Ecco dunque un elenco poco ragionato di quel che ci ha lasciato la Bolla.
— Tre libri di Benedetta Parodi perfetti per tenere diritto il tavolino cui s’è rotta la gamba
— Un coppapasta che ora usiamo come svuotatasche
— Il fatto di spendere in ristoranti il decuplo di quello che spendiamo in teatro, in cinema, in libri, in concerti messi assieme
— L’inesorabile fotografia al piatto prima di mangiarlo, anche se è il brodino dell’ospedale dopo il bendaggio gastrico
— Un abbattitore riutilizzato come fioriera
— Una tale abitudine a mangiare la carne cotta a bassa temperatura che quando addenti una bistecca vera ti sembra di juta
— Le ospitate dei vincitori di Masterchef alle iniziative più improbabili: varo di supermercato, serata in discoteca, inaugurazione di autolavaggio
— La repulsione verso la pasta industriale che abbiamo mangiato tutta la vita
— La passione per vini naturali spesso cattivissimi
— L’abitudine a chiamare i cuochi per nome – Massimo, Niko, Carlo, Davide – anche se non gli hai mai rivolto una parola in vita tua
— I follower di Twitter che ormai valgono come i soldi del monopoli
— Le stucchevolissime riflessioni sulla fine della bolla (questa compresa).
Tra tutti i cambiamenti prodotti dall’esplosione della bolla, ce n’è uno che è il più benedetto di tutti: chi studia per fare il cuoco non ha più il miraggio di diventare una star della TV.
Lo scopo di chi studia per fare il cuoco dev’essere fare il cuoco: così vanno le cose, così devono andare.