Cominciamo subito con il dare i numeri: la Puglia è il primo produttore nazionale di ciliegie e di fatto contribuisce al 35% del raccolto complessivo, con la provincia di Bari che da sola rappresenta il 96,4% della produzione totale regionale. Proprio in quest’area, tuttavia, si stanno registrando alcune anomalie riguardanti i prezzi: stando a quanto riportato da Coldiretti Puglia, infatti, i magazzini locali hanno chiuso i cancelli impedendo agli agricoltori di vendere le ciliegie raccolte, facendo crollare i prezzi di alcune varietà – come la pregiata Ferrovia – ad appena 60/80 centesimi. Attenzione, però: questo calo riguarda esclusivamente il primo passaggio della filiera, e coinvolge cioè solo il guadagno degli stessi agricoltori. Per i consumatori, infatti, i prezzi si sono gonfiati fino a raggiungere una mole astronomica, con alcune città del Nord Italia che fanno registrare più di 17 euro al chilo.
Insomma, in altre parole la forbice dei prezzi dal campo alla tavola si è allargata in misura sconsiderata, con molti agricoltori che ponderano di abbandonare la filiera e molti consumatori che ponderano di acquistare frutti più a buon mercato. Agricoltori che, di fatto, si trovano anche a fare i conti con un netto incremento dei costi di produzione (aggravato – e te pareva – dall’imperversare della guerra in Ucraina) e con la concorrenza sleale delle importazioni di Turchia, Grecia e perfino Francia, che possono fare affidamento sulla apparente caduta nel dimenticatoio della legge che di fatto obbliga gli esercenti a indicare in etichetta l’origine delle proprie produzioni.
In questo contesto, Coldiretti Puglia spiega che “è al lavoro la task force per presentare le prime denunce contro le pratiche sleali per tutelare il lavoro nei campi, un intervento normativo fortemente sollecitato da Coldiretti per rendere più equa la distribuzione del valore lungo la filiera ed evitare che il massiccio ricorso attuale alle offerte promozionali non venga scaricato sulle imprese agricole”. Nello specifico, le pratiche sleali in questione spaziano “al rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti”. Una trovata che, secondo l’associazione agricola, garantirà “un giusto prezzo agli agricoltori in una situazione in cui per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi in Italia vanno a remunerare il prodotto agricolo”.