Il 21 maggio è stata approvata dal Comitato Nazionale Vini del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, la proposta di modifica del disciplinare di produzione della Doc Prosecco che contempla l’avvio della produzione della tipologia Rosè. Fin qui tutto ok, se non fosse che, sin dagli albori, i produttori di Prosecco hanno dovuto affrontare diverse difficoltà: dall’emulazione commerciale come il Pearsecco all’enorme richiesta dall’estero, prima ancora dell’immissione sul mercato. E’ il caso della Svezia che aveva proposto 2,40 euro a bottiglia per l’acquisto di 100mila unità di Prosecco Rosè, prezzo impossibile da applicare per il presidente della Doc, Luca Gavi, secondo cui non si può rimanere al di sotto dei 3 euro. Ora, però, infervora un’altra polemica a causa dei produttori di Trieste che hanno fatto ricorso bloccando, di fatto, le modifiche al disciplinare.
Nel trevigiano avevano già dichiarato il sold out e attendevano i codici per l’imbottigliamento a fine luglio, ma è arrivato lo stop a causa delle 6 pagine con osservazioni depositate al Ministero delle politiche agrarie da parte di Franc Fabec ed Edi Bukavec, presidente e direttore a Trieste dell’Associazione agricoltori. “E’ giunto il momento – hanno detto – di farci rispettare ed è per questo che abbiamo bloccato l’iter di approvazione del disciplinare”. La questione risale al 2009, anno in cui la commercializzazione del Prosecco può avvenire solo in 9 province tra Friuli e Veneto. Il paese “Prosecco” di conseguenza ne acquisisce il nome. All’epoca viene costituita la Prosecco Doc di Trieste, ma per ragioni ambientali ed economiche nessuno propone più il vino. Sicchè nel 2016 il protocollo che prevedeva aiuti ai produttori triestini è scaduto e non è stato rinnovato.
Cosa è successo ora? L’Associazione agricoltori friulana ha segnalato al Mipaaf che il Prosecco non rappresenta l’area del Carso triestino e che i disciplinari non sono stati modificati recependo la lingua slovena come stabilisce la legge sulla tutela delle minoranze. A Prosecco e nell’hinterland vive, difatti, la comunità slovena a cui si applicano una serie di tutele, a partire da quelle linguistiche. “Chiediamo solo – sottolineano dal Friuli – di poter lavorare, il costone del Carso ha troppi vincoli paesaggistici e ambientali che ostacolano le attività agricole. In questi anni noi siamo riusciti a piantare solo una quindicina di ettari di vigneti, mentre in Friuli hanno 5mila ettari di Prosecco; eppure senza il nome del nostro borgo (Prosecco, appunto) non avrebbero fatto niente. È doveroso un riequilibrio. Servono aiuti e il protocollo che doveva garantirli è scaduto nel 2016. Speriamo in una soluzione, non vorremmo essere costretti ad andare avanti con il ricorso. Gli interessi sono alti. La commercializzazione del nuovo Prosecco ‘rosa’ è prevista tra novembre e dicembre. Diverse aziende venete e friulane hanno già venduto partite di rosè, che attualmente può essere prodotto con Glera all’85% e Pinot nero al 15% da uve della vendemmia 2019, e con questa azione i contratti sono a rischio”.
Dal Consorzio della Doc replicano: “La nostra risposta è stata quella secondo cui da un lato offriamo un endorsement di tipo politico alle loro rivendicazioni, dall’altro abbiamo proposto un pacchetto di azioni che aiuti a valorizzare le tipicità che caratterizzano quel territorio. Sono certo che entro breve la questione potrà essere ricomposta”.
Fonte: [Trieste Prima]