Ci sono pochi vini bistrattati e discussi quanto il Prosecco. E mentre persino l’Unesco cede al fascino della bollicina più pop del mondo, assegnando il suo massimo riconoscimento, quello di Patrimonio dell’Umanità, alle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, queste ultime cercano di prendere le distanze dalla più diffusa ed economica DOC, attraverso un cambio di nome.
Ormai è difficile togliersi di dosso quella nomea un po’ così e arriva, come una bomba, la provocazione del Consorzio del Prosecco Superiore: basta, il nome ormai è abusato, non si può più parlare di Prosecco.
“Il prosecco è il nostro passato, il prosecco superiore il nostro presente, il Conegliano Valdobbiadene il futuro”, spiega il presidente del Consorzio del Prosecco Superiore Innocente Nardi a Il Gazzettino (edizione cartacea di oggi).
Insomma, la volontà è quella di marcare i confini, di ricostruirsi una reputazione, di sottolineare le differenze tra il Prosecco Doc e la produzione più vocata.
“Immaginiamo che in un decennio questo sparkling sarà conosciuto da tutti come Conegliano Valdobbiadene”, ammette, in tutta sincerità al Gazzettino Innocente Nardi. “Oggi il prosecco è un prodotto massificato. Il nostro è un bere differente”.
Insomma, c’è bisogno di un taglio netto. Che rimarchi due produzioni in fondo diverse, per metodologia, per qualità, e anche (non in ultimo) per prezzo. Perché un Prosecco Superiore, prodotto sui pendii rispettando i criteri di mantenimento della qualità, non può essere una bollicina per lo spritz, ma dovrebbe essere venduto, spiega il Gazzettino, tra gli 8 e i 10 euro in cantina, sui 15 euro in enoteca e a non meno di 18/20 euro al ristorante.
[Fonte: Il Gazzettino]