Roberto Angelini, il frontman della band del programma di La7 Propaganda Live, ha pubblicato un lungo sfogo su Facebook. Il motivo? Un’amica che lavorava nel suo ristorante lo ha denunciato per aver lavorato in nero.
A lui resta in mano una multa di 15 mila euro, e a noi resta nella testa un piccolo corto circuito. Perché la verità è che è difficile non essere solidali con chi pubblica una foto con la faccia triste, e denuncia di essere stato tradito da un’amica in difficoltà che aveva aiutato con un lavoretto temporaneo. Succede, ed è inutile far finta che non sia così. Però, come sicuramente Angelini sa, il lavoro nero è il lavoro nero, ed è una piaga della nostra società, in particolare nel campo della ristorazione. E un po’ ci stupisce leggere i commenti unanimi di solidarietà indiscussa sotto il post, senza che nessuno – se non una piccola minoranza, a sua volta attaccata – ponga in luce la questione.
Questione di cui, peraltro, non sappiamo che quello che il musicista e ristoratore ha scritto sui social (non sappiamo, per esempio, se l’amica che l’ha denunciato sia davvero una “pazza incattivita” o stesse semplicemente cercando di far valere i suoi diritti). Sappiamo che la Guardia di Finanza ha fatto una multa di 15 mila euro perché – evidentemente – ha riscontrato un illecito, e lo sappiamo perché è Angelini stesso a raccontarcelo. E ci viene da chiedere se non fosse stato meglio, a questo punto, tenersi tutto per sé.
Perché per carità, è vero che i tempi sono difficili. Che i ristoratori vengono da “un anno di sacrifici per non chiudere cercando di limitare al massimo il ricorso alla cassa integrazione per i miei dieci dipendenti (visti i tempi biblici)”, come scrive Angelini. È vero che i ristoratori che non hanno uno spazio all’aperto stanno “facendo i salti mortali per allestirne uno al volo”, che si sono “indebitati per pagare i fornitori”, che hanno “resistito con i ristori evidentemente inadeguati”.
Ma è altrettanto vero che non si può provare a difendere il lavoro nero, né cercare solidarietà sul tema. È un questione, prima che sociale, di coerenza nei confronti di un imprenditore che fa tutte queste premesse per spiegare – sicuramente a ragione – quanto sia onesto e ligio.
Perché se poi, a fronte di un acquisto di “un furgoncino per le consegne” fa “lavorare amici che avevano bisogno” senza regolarizzarli commette un illecito, e pure grave. Perché se poi quell’amica con quel furgoncino si schianta, giusto per dire, lo Stato non le può garantire la giusta assistenza e i giusti indennizzi, e vagli a spiegare che era un’amica che aveva bisogno. Lo Stato, la società, non ragiona così. E magari, in alcuni casi, può pure sembrare paradossale e addirittura sbagliato, ma così è, e così è stato pensato per tutelare i lavoratori tutti, e pure gli imprenditori. Che magari in questo momento più che in altri non possono permettersi di stipendiare regolarmente un rider o un fattorino, ma che alternative le hanno sempre. Anche solo quella della protesta. Ma non della protesta contro una multa della Guardia di Finanza.