Quello del recupero degli scarti dell’industria alimentare è un mondo che si sta sempre di più legando all’innovazione edilizia. Vi abbiamo da poco parlato della collaborazione tra Mondo e la cooperativa di mitilicoltura Nieddittas per la realizzazione della pista d’atletica viola dei giochi olimpici di Parigi, e ne abbiamo già un nuovo esempio: parliamo di Milk Brick, startup sarda che ha sviluppato una procedura per produrre mattoni dagli scarti del latte, di fatto azzerando il consumo idrico per la realizzazione di materiale edilizio.
La storia
Tutto nasce dall’intuizione dell’imprenditore/inventore industriale Giangavino Muresu, sassarese classe 1986, che nel 2011 inizia a lavorare sull’idea dell’utilizzo degli scarti di produzione dell’industria casearia: un lavoro che richiederà cinque ulteriori anni di sviluppo e che porterà in seguito alla fondazione di Milk Bricks nel 2017. È di questi giorni poi la novità più importante, la sigla dell’accordo con la Cermal, azienda di Alghero specializzata nella produzione di materiale edile, e la relativa licenza produttiva, a tutti gli effetti un via libera per usare i “mattoni di latte” nella costruzione di case e palazzi, vero punto d’arrivo per questa storia iniziata più di dieci anni fa.
I vantaggi per l’ambiente
Il vantaggio più evidente è quello dell’enorme risparmio di acqua pura, per delle lavorazioni che richiedono in media 120 litri di acqua per metro cubo di calcestruzzo, ma anche l’impatto benefico sull’industria casearia non è da sottovalutare. La lavorazione del latte porta uno scarto dell’88% che si traduce in quantitativi elevati e costi di smaltimento altrettanto impegnativi, dando di fatto valore a quello che fino a ieri era solo un costoso scarto. Un’innovazione che promette di influire drasticamente su un mercato potenzialmente enorme e che non fa mistero della sua ambizione di volersi imporre sui più di centocinquantamila impianti di produzione di calcestruzzo nel mondo.