Tonnellate e tonnellate di prodotto invenduto – una sentenza crudele ed eloquente. Ci stiamo riferendo ai rischi che stanno correndo le imprese e i produttori di Pomodoro di Pachino Igp, ormai vicini al tirar giù la proverbiale serranda. D’altronde, la dura legge del numero non concede sconti: se non si vende non si guadagna, e se non si guadagna la chiusura dell’attività comincia ad assumere connotati sempre più concreti. Pietra dello scandalo della crisi del Pachino, stando alla lettura proposta dallo stesso Consorzio di Tutela, è il prezzo al consumatore finale, che di fatto continua a essere molto elevato nonostante “i prezzi decisamente irrisori proposti ai produttori per acquistare il prodotto, talvolta addirittura inferiori al costo di produzione”.
L’appello del Consorzio al Governo
Una situazione decisamente delicata in altre parole, dove naturalmente domina l’ombra dell’inflazione che nel corso degli ultimi mesi ha strozzato il potere d’acquisto dei consumatori. Ora, tuttavia, il momento della proverbiale resa dei conti pare vicino come non mai, e “molti produttori” – spiega il presidente del Consorzio di Tutela Sebastiano Fortunato – “rischiano la chiusura se non si interviene in modo deciso e concreto per cambiare la situazione”.
“Abbiamo tonnellate e tonnellate di pomodori rimasti sulle piante” continua Fortunato “e pochissimi ordini da parte della grande distribuzione”. Quel che è peggio, alla mera (ma non per questo non crudele) crisi economica bisogna sommare le conseguenze del riscaldamento globale: “Con questo inverno così atipico, in cui si rilevano temperature di addirittura 22 gradi, il prodotto matura velocemente e deve essere raccolto, ma senza acquirenti andrà in gran parte perduto”.
L’appello viene rivolto ai cosiddetti piani alti: “Facciamo appello al nuovo Governo” prosegue Fortunato “che tanta sensibilità e attenzione ha mostrato verso le istanze del Made in Italy, affinché ci aiuti a superare questa drammatica situazione, al fine di scongiurare la chiusura di centinaia di imprese siciliane che vivono esclusivamente sulla produzione del pomodoro”.
Il presidente è poi tornato sulla questione prezzi, che come accennato rappresenta uno snodo importantissimo dell’intera vicenda: “Ci sono limiti precisi che regolano il prezzo minimo di acquisto del prodotto, ma quasi mai vengono rispettati, ignorando in nome del profitto i sacrifici, la dedizione e la fatica dei tanti produttori locali che fanno ogni giorno sforzi enormi per portare sulle tavole degli italiani un prodotto unico”. A questo naturalmente, vanno ad aggiungersi i rigori del caro bollette e “la concorrenza sleale del pomodoro proveniente dall’estero, dove il costo della manodopera incide sul prodotto solo per un 10% rispetto al 60% dell’Italia”: un mix potenzialmente letale.