Ieri, dopo la morte di 16 lavoratori di origine africana in provincia di Foggia, Slow Food non ha usato giri di parole, condannando lo sfruttamento dei braccianti in agricoltura con tutte le sue tragiche conseguenze.
C’è stato poi chiesto da Carlo Petrini e i suoi di non diventare complici del caporalato, prima di acquistare pensiamo a cosa c’è dietro a un prezzo troppo basso.
“È la scienza, non il caporalato a fare la differenza”, ha scritto oggi il giornalista Danilo Taino sul Corriere della Sera. Il punto è molto interessante, perché dimostra con esempi pratici che esistono alternative all’agricoltura neo-schiavista che sfrutta la manodopera.
L’Olanda, incredibilmente, è il primo esportatore mondiale di pomodori. Incredibilmente perché è grande meno della somma di Lombardia e Emilia Romagna, un paese peraltro che non gode di un clima esageratamente favorevole.
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Eppure, dopo gli Stati Uniti, è il primo esportatore mondiale di cibo per valore. Infatti, come ha raccontato il National Geographic, non si limita ai pomodori, ma è al numero uno anche per patate e cipolle, e al numero due per i vegetali in genere.
Se invece consideriamo la resa, è prima al mondo anche per peperoncini e cetrioli, seconda per le pere.
Tutto inizia una ventina di anni fa, ricorda il Corriere: l’Olanda adotta lo slogan “Il doppio del cibo con metà delle risorse” e inizia a sviluppare un’agricoltura di precisione.
Volete sapere cosa significa? Eccovi accontentati: l’Olanda produce 144.352 tonnellate di pomodori per miglio quadrato, cioè per 260 ettari, sei volte più della Spagna e degli Stati Uniti, dieci volte più che in Italia.
Introdurre più scienza e tecnologia ha portato a risultati incredibili: grazie alle coltivazioni idroponiche (svolte cioè fuori dal suolo), in Olanda si usa 25 volte meno acqua che negli Stati Uniti.
Ma il dato forse più impressionante è che negli ultimi 10 anni la produzione di vegetali è aumentata del 28% e contemporaneamente l’uso di energia è sceso del 6%, quello dei fertilizzanti del 29% e dei pesticidi del 9%.
Chissà cosa ne pensa Slow Food.
[Crediti | Slow Food, Corriere della Sera, National Geographic]