Un pollo bio che, a quanto pare, di bio avrebbe davvero poco. Ci stiamo riferendo a quanto emerso da una inchiesta condotta da Report e firmata da Giulia Innocenzi che ha portato all’attenzione mediatica lo stato degli allevamenti di Fileni, terza produttrice nazionale nel settore delle carni avicole e al primo posto per le carni bianche da agricoltura biologica. Le immagini, come brevemente accennato, parlano chiaro; e mostrano pratiche di maltrattamento, con gli operai che uccidono i polli torcendo loro il collo o, in altri casi ancora, prendendoli a calci, e gli stessi animali che vivono stipati in capannoni quando, secondo le norme in vigore per quanto concerne la filiera bio, dovrebbero razzolare all’aperto per almeno un terzo della loro vita.
L’inchiesta di Report e la risposta di Fileni
Buona parte dell’inchiesta si concentra sulla cosiddetta “questione broiler”, che riguarda l’omonima razza di pollo famosa per il suo petto particolarmente spesso e tradizionalmente allevata per la produzione di carne. La carne bio prodotta da Fileni, fiore all’occhiello dell’azienda, non dovrebbe contemplare razze di questo tipo, ma solo animali a lenta crescita; ma secondo Report – i cui inviati hanno frequentato per diversi giorni l’allevamento aziendale situato a Montecappone – anche questi polli sarebbero invece comunemente utilizzati.
Insomma, l’accusa è chiara: la denominazione bio non viene rispettata dall’azienda in questione. Le prove fornite dalla trasmissione si Rai 3 sono, come accennato, le immagini raccolte in diversi giorni di indagine in più allevamenti, che mostrano come i polli non sarebbero di fatto mai usciti dai capannoni. Un problema, quest’ultimo, che riguarda anche i polli etichettati come “Rusticanello”, che dovrebbero essere allevati all’aperto: di nuovo, l’inchiesta dimostra che, almeno nel caso dell’allevamento di Borghi in Emilia Romagna, gli animali sarebbero invece allocati al primo piano dello stabile.
Altro nodo riguarda il regime di alimentazione, dove la realtà pare essere in netto contrasto con quanto pubblicizzato: Fileni dichiara pubblicamente gli i polli sono Ogm free, ma nelle etichette del mangime riprese dalle telecamere di report è scritto il contrario. Insomma, in definitiva c’è una fitta corona di problemi, che come anticipato spaziano dal mancato rispetto delle norme bio fino al maltrattamento dei capi da allevamento che, come confida un ex operario, devono necessariamente raggiungere un’altezza standard in modo da non “intasare” la fase di macellazione con il taglio del collo.
Come certamente avrete avuto modo di intuire Fileni non è rimasta con le mani in mano di fronte all’accusa, e nelle ultime ore ha formulato una risposta via mail inviata direttamente alla redazione del programma nella quale, fondamentalmente, si accusa l’inchiesta di aver “mistificato la realtà”. L’azienda sottolinea infatti che in poche ore di tempo non è possibile riscontrare in modo completo le criticità che sorreggono le accuse, e che la rappresentazione portata dal servizio sarebbe pertanto errata.
C’è da dire che non si tratterebbe certo della prima volta che un’inchiesta porta alla luce le condizioni tutt’altro che pristine degli allevamenti di questo tipo: pensiamo a quanto emerso qualche mese fa in uno stabilimento di un fornitore di polli dei supermercati Lidl.