Le catene della grande distribuzione sono state interrogate sulla questione dei polli con le zampe bruciate, fenomeno provocato dagli ustionanti composti ammoniacali sprigionati a seguito dell’accumularsi di feci e urina sulla superficie calpestata dagli animali negli allevamenti intensivi. Interrogato, il morto non rispose. Anzi, solo una voce si è levata dal coro, ed è quella di NaturaSì.
Il fenomeno “hock burns”
Parlare di allevamenti intensivi significa aprire un vaso di pandora colmo di problematiche di natura diversa, legate al benessere animale e ambientale, nonché alla salute dei consumatori. Fra i vari temi (circolazione di agenti patogeni, ingrassamento forzato, resistenza agli antibiotici) ce n’è uno forse meno noto, tornato a galla in questi ultimi giorni a seguito di un’inchiesta de Il Fatto Alimentare. Si tratta dei polli con le zampe ustionate, fenomeno non sempre visibile agli occhi dei consumatori, ma purtroppo più che reale. Vediamo perché succede e cosa ha risposto NaturaSì (unica a commentare tra gli interpellati) alla richiesta dei colleghi.
Il sovraffollamento degli allevamenti è il problema di fondo che provoca a ruota tutta una serie di problematiche, bruciature comprese. Questo fenomeno nello specifico è noto con il termine inglese “hock burns”, ovvero bruciature del garretto. Quest’ultimo è un’articolazione dell’animale, ma l’espressione è usata a indicare in senso lato le ustioni su tutta la zampa.
L’eccessivo numero di animali allevati e gli spazi ridotti in cui sono costantemente costretti fanno sì che la superficie della lettiera su cui i polli mangiano, dormono ed espletano i propri bisogni si impregni di urine e feci, formando uno strato di composti ammoniacali ustionanti. La presenza di queste bruciature, non sempre visibile a chi acquista, non è indice di pericolo alimentare: la carne del pollo può tranquillamente essere consumata, ma le bruciature sono un chiaro sintomo di un sistema di allevamento malsano.
L’interrogazione alla GDO
Di tutte le grandi catene interpellate dal giornale (Coop, Esselunga, Conad…), solo NaturaSì ha dato cenni di vita, affermando che i suoi polli non sono soggetti a questa problematica, poiché provengono da allevamenti biologici. Le relative normative impongono una certa densità di allevamento, per cui i polli hanno maggiore spazio per muoversi. Inoltre, spiega l’azienda, in queste condizioni più sostenibili gli animali hanno accesso all’aria aperta, seguono cicli di alternanza luce-buio e vengono nutriti con mangime di una data qualità e tipologia. Ma è in primis la più ampia area calpestabile a impedire il verificarsi del fenomeno.
Insomma, NaturaSì sembra far fede alla sua promessa di sostenibilità. Gli altri interrogati, al momento, si beccano un bell’impreparato.