Non fraintendete eh, non è che gli oceani se la passino molto meglio: l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, tuttavia, sposta l’attenzione sul fatto che ogni anno vengano utilizzate milioni di tonnellate di plastica nel sistema alimentare e agricolo, mettendo infine a rischio la sicurezza alimentare. “I suoli sono uno dei principali recettori delle plastiche agricole e sono noti per contenere quantità maggiori di micro-plastiche rispetto agli oceani”, ha infatti dichiarato Maria Helena Semedo, vice direttore generale della Fao.
Si tratta principalmente di micro-plastiche disperse, prodotto della rottura di prodotti più grandi che vengono per l’appunto consumate da persone e animali. E non serve certo una spiegazione scientifica approfondita per capire che sì, mangiare plastica fa male. Plastica che, per l’appunto, è davvero ovunque nel settore agricolo (così come nella pesca, si capisce): dagli attrezzi più comuni fino ai sacchetti per l’irrigazione e le protezioni per gli alberi, per un totale che stima un utilizzo di 12,5 milioni di tonnellate utilizzate nel mondo (dati del 2019). E questo lasciando fuori gli imballaggi alimentari, che rappresentano invece altre 37,3 milioni di tonnellate.
Chiaro, la plastica è economica e pratica. Non sorprende che sia utilizzata così tanto, ma ora la sua popolarità presenta un problema che non è più ignorabile. A tal proposito la Fao propone il modello delle 6R: rifiutare, riprogettare, ridurre, riutilizzare, riciclare e recuperare. Oltre a sembrare una filastrocca per boy scout, il piano propone l’adozione di pratiche che evitino l’uso di plastica sostituendola con alternative naturali o biodegradabili: una buona iniziativa, ma che verosimilmente senza l’introduzione di obblighi e sanzioni non porterà a un risvolto concreto.