Sulla questione della Plastic tax in Italia interviene anche Alberto Bertone: il patron di Acqua Sant’Anna – Fonte di Vinadio propone i vuoti a rendere. Bertone ha le idee chiare: con la plastic tax non si salva l’ambiente, bensì si uccide l’economia. E parla di una scelta insensata, decisa da politici che non sanno nulla della materia. E fa un esempio: imporre mille euro di tassa su una tonnellata di polietilene tereftalato (la plastica che si usa nelle bottiglie dell’acqua) che ha il costo di 700 euro, vuol dire farla costare il 130% in più. E’ come se un’automobile da 50mila euro finisse col costare 120mila euro.
Con la plastic tax a rimetterci sarebbero anche i consumatori in quanto tali rincari finirebbero, inevitabilmente, per essere caricati sulle spalle dei consumatori finali. In pratica le bottiglie d’acqua raddoppierebbero il loro prezzo: quelle che adesso costano 50 centesimi l’una, costerebbero 1 euro. Il che vorrebbe dire un crollo dei consumi, meno soldi nelle casse delle Stato e danni all’intera filiera produttiva e di vendita, con impianti chiusi e licenziamenti in massa in tutto l’indotto.
Secondo Alberto Bertone il problema dell’inquinamento provocato dalla plastica non è tanto la plastica in sé, quanto i rifiuti. Se la plastica finisce con l’inquinare i mani e non si ricicla, la colpa non è delle bottiglie, ma dell’uomo che getta i rifiuti in mare. E fa la sua proposta: adottare il sistema che già usano negli Stati Uniti o in Germania, cioè i vuoti a rendere.
Per esempio, negli USA è difficile vedere in giro bottiglie di plastica perché quando le riporti indietro ti viene ridata la cauzione, motivo per cui i senza tetto recuperano tutte quelle in cui si imbattono. Idem in Germania: qui si pagano 25 centesimi a bottiglia che vengono dati indietro quando si restituisce la bottiglia.
Oppure si potrebbero usare le bioplastiche, fatte con polimeri derivanti dagli scarti di mais. Il problema è che, attualmente, tali bioplastiche sono molto costose e gli impianti di produzione sono al limite delle loro capacità lavorative perché vengono utilizzate non solo per le bottiglie dell’acqua, ma anche per i filtri delle sigarette elettroniche o le cialde del caffè. E per quanto riguarda la plastica riciclata? Qui il discorso è più complesso. Fino a tre anni fa, infatti, non era possibile usare plastica riciclata per gli alimenti. Successivamente la legge ès tata modificata: adesso si può usare un minimo del 25% e un massimo 50%. Solo che in Italia non ne viene prodotta abbastanza, per cui tocca importarla dall’estero, con un aumento notevole dei costi.