A prendere in esame i dati emersi dalla ricerca Behavior Change, condotta da CPS GfK, pare emergere un certo scarto tra la linea che potremmo definire “ufficiale” (o forse, meglio ancora, “governativa”) sulla carne coltivata e la lettura degli italiani: numeri alla mano, infatti, il rapporto in questione sostiene che il 60% sarebbe disposto a provarla.
Sorprendente? Per certi versi sì: gli abitanti dello Stivale sono per natura e per convinzione notoriamente sospettosi dei cambiamenti, e lo sono ancora di più quando questi sembrano tesi a minacciare con la loro sola presenza l’identità di chi, per diritto di nascita, si sente depositario dell’unica buona cucina al mondo. Basti pensare alla risposta, reazionaria e tendenzialmente irosa, al cibo a base di insetti – argomento caldissimo e maliziosamente spalleggiato da una campagna mediatica e politica che non ha fatto alcun sforzo per spiegare che nessuno vuole sostituirvi la carbonara con i grilli.
Italiani e carne coltivata, tra propaganda e ambientalismo
Il dibattito sulla carne coltivata è rimasto macchiato dallo stesso paradigma comunicativo: il lavoro per vietarne la produzione sul territorio nazionale, con l’Italia che ha felicemente retto il vessillo del “No” anche e soprattutto a livello europeo, è stato accompagnato da un parallelo e puntuale tentativo di demonizzazione, evidentissimo nell’ostinazione a usare il termine “sintetica” che inevitabilmente suggerisce un qualcosa di falso, di finto, di – questo il punto – dannoso.
Vale la pena ricordare che, al netto delle belle parole piene di vento della propaganda nazional-popolare, la carne coltivata (e non sintetica!) viene di fatto coltivata in laboratorio a partire da un campione di cellule animali che, tra le altre cose, assolve dalla necessità di macellare li stessi. In altre parole – sintetica può essere la plastica, la carne ottenuta da cellule è coltivata.
Questo è il contesto in cui occorre confrontarci con quanto emerso dalla ricerca citata in apertura di articolo: i dati in questione sono stati estrapolati dal consumer panel di CPS GfK, un’indagine semestrale (ormai giunta alla sesta edizione) che a oggi copre più di 21 nazioni in Europa con oltre 15 mila intervistati e che punta a analizzare come decisioni relative ai beni di uso quotidiano sono influenzate dalle circostanze familiari e sociali.
La carne coltivata, in particolare, è stata indagata come potenziale alimento sostitutivo alla carne: complessivamente, è bene notare che gli italiani sono risultati tra i più inclini in Europa a prendere in considerazione dei cambiamenti nel proprio stile di vita nei temi riguardanti la propria salute o quella del pianeta. Numeri alla mano, il 40% dei cittadini dello Stivale sarebbe disposto a provarla per curiosità, mentre il 20% è già convinto che la integrerebbe regolarmente nelle proprie abitudini alimentari. Solamente il 27%, invece, rimane saldamente aggrappato a un “No” categorico; con un restante 7% che invece non mangia carne e non ha intenzione di farlo in futuro.