Che il mercato del bere analcolico stia vivendo un periodo di forte e fortunato fermento non è certo un mistero, all’Italia così come all’estero. Un paio di esempi? In Germania si beve sempre meno birra (al punto che a Monaco, patria dell’Oktoberfest, è spuntato il primo Biergarten analcolico), alla finale di Euro 2024 sono state le bevande no e low alcool a dominare le tendenze di consumo e la bilancia del mondo del vino è densa di segni in rosso. I motivi?
Beh, quelli sono molteplici. C’è la congiuntura economica avversa, che ha fatto scivolare l’acquisto di una bottiglia di vino pericolosamente in basso nella lista della priorità, fino di fatto a relegarla a “vizio rinunciabile”; e poi c’è una parallela e decisa tendenza che invece vuole premiare l’alimentazione sana e l’attenzione alla linea. Ebbene, in Italia a godere di tale fermento c’è soprattutto un’azienda: l’Acqua Minerale San Benedetto.
Che c’è, non vi aspettavate l’acqua in bottiglia?
Colpo basso? Ma no, dai. Per carità, capiamo che nel parlare di birra analcolica e consumi di vino in calo (e pensate: non abbiamo neanche menzionato il dealcolato tanto antipatico a Lollobrigida!) uscircene poi con il nome di un’azienda che è nota anche e soprattutto per la sua produzione di acqua in bottiglia potrebbe stupire. O meglio, potrebbe farlo se non sapeste che l’Italia vanta da anni il record europeo di acqua in bottiglia consumata.
Numeri alla mano, Acqua Minerale San Benedetto è leader in Italia nel mercato beverage analcolico con una quota a volume del 17,1%; sintomo e al contempo risultato di un dominio addirittura più ampio.
Lo stesso marchio, infatti, può vantare primati nel settore dell’acqua minerale (quota a volume del 11,2%), nel Thè Freddo (quota a volume del 28,4%), nelle Bibite Gassate Non-Cola Low Calories Carbonates (quota a volume del 30,5%) e nel segmento delle Enhanced Waters con una quota a volume 37%.
Il consumo annuale di acqua in bottiglia nel Bel Paese è di 14,9 miliardi di litri annui, pari a 252 litri pro-capite nel 2022, cinque volte di più di Paesi come la Gran Bretagna; in una frenesia di consumo che affonda le sue radici anche e soprattutto nella convinzione che le alternative, di fatto, non esistono o se lo fanno sono di qualità pessima. I numeri analizzati nelle righe precedenti fanno presagire che ci terremo stretto il record ancora per qualche tempo: chissà che quel 17% non diventi, tra qualche tempo, un più tondo 20?