Chi avesse avuto l’occasione di visitare le cucine Joia, primo stellato vegetariano in Europa ed espressione gastronomica ma soprattutto filosofica di Pietro Leemann, potrebbe aver notato un piccolo altare che lo chef ha dedicato a Krishna, a cui è profondamente devoto, e al suo maestro Marco Ferrini, filosofo e fondatore del Centro Studi Bhaktivedanta. Prima di ogni servizio la brigata offre all’avatar di Vishnu il “prasadam” -la “misericordia del signore”- il cibo spirituale che per i praticanti del bhakti-yoga può essere consumato senza incorrere nelle leggi del karma e, anzi, porta ad utilizzare i propri sensi per piacevoli attività spirituali. Un modo, forse, per condividere con gli ospiti del Joia l’intimo rapporto con la materia prima, considerata dallo chef svizzero soprattutto come viatico spirituale e poi come “semplice” ingrediente. Dopo l’annuncio dell’imminente passaggio di consegne ai suoi executive chef Sauro Ricci e Raffaele Minghini, era quindi lecito aspettarsi da Leemann non un rassegnato (per quanto meritato) pensionamento, ma un’ulteriore evoluzione della sua ricerca, lui che -come raccontato nel suo libro “Il sale della vita”- era già un “nato due volte”, dopo aver ricevuto l’iniziazione spirituale ed essere stato ribattezzato Parameshvara Dasa.
La nuova vita di Pietro Leeman
E così è andata: Leeman annuncia i suoi progetti futuri in un’intervista a Cook, e non sono tra i fornelli di una cucina, bensì a Raxa, una comunità spirituale in Svizzera, dedicata proprio al culto di Krishna. Lì, fa sapere lo chef, vivrà come un monaco.
Quel che significa, Leeman lo spiega con grande semplicità: “Un monaco è una persona che ha fatto delle scelte ascetiche: io vivo già secondo i principi della libertà della mia religione, e cioè sono vegetariano, non bevo alcolici, non consumo droghe, non consumo bevande eccitanti come il caffè, non gioco d’azzardo e trasformo l’energia sessuale in energia spirituale, in una forma d’amore più alta. Vivrò allo stesso modo, ma all’interno di una comunità, insieme alla mia compagna Rachele e ad altre persone che stanno lavorando al progetto”.
Non è detto che nella nuova vita di Leeman la cucina non entri, almeno un pochino: a Raxa, fa sapere lo chef, ci saranno anche due proposte di ristorazione, “uno più semplice, una cucina vegetariana di montagna, e uno più “alto” all’interno del tempio”. L’idea è costruire anche per i visitatori (Raxa si sosterrà proprio con gli introiti dell’ospitalità e con un negozio biologico, spiega lo chef) un’esperienza che li immerga nella spiritualità della comunità, fatta anche di armonia con la natura e con i suoi frutti. Nel frattempo, il Joia resterà lì, in mano ai suoi “eredi”, con cui Leeman avrà sempre un legame. “Cene a quattro mani, eventi e occasioni di incontro” sanciranno il rapporto tra la comunità svizzera e il ristorante vegetariano milanese.
Se non altro, in un mondo della ristorazione che parla di cambiamento, di rinnovamento, di chiusure e di nuovi format, quella di Leeman sembra la prima, vera svolta realmente radicale e indubbiamente interessante a cui assistiamo.