Un ammutinamento? No, in realtà la situazione è un po’ più spinosa. A causa dell’epidemia in corso di peste suina africana i cacciatori di 36 squadre dell’Atc1 Savona – Levante si sono rifiutati di abbattere i cinghiali poiché, una volta uccisi, la carcassa degli animali dovrebbe essere consegnata alle autorità sanitarie dell’Asl per le analisi del caso. Questo, perlomeno, è quanto sostiene la coppia formata da Gianluca Boeri, presidente di Coldiretti e Bruno Rivarossa, delegato confederale, che sottolineano come di fatto i cinghiali siano da tempo stati individuati come il principale veicolo di diffusione del morbo in questione: ritardare il loro abbattimento, dunque, va a intralciare le operazioni attualmente in corso per contenere l’epidemia, fomentando il rischio che il virus riesca a intrufolarsi all’interno degli allevamenti causando ingenti danni economici.
Ricordiamo, infatti, che a partire dal 2 di ottobre avrà inizio la stagione di caccia che permetterà di abbattere oltre 35 mila ungulati – il 180% dello scorso anno -, come deciso durante la stesura del piano di interventi urgenti nel contesto della Regione Liguria. “Se i cacciatori si rifiutano di mettere in atto gli abbattimenti, opponendosi allo svolgimento di attività fondamentali per la sicurezza di cittadini, agricoltori e allevatori della Liguria” hanno proseguito Boeri e Rivarossa “rischiano di confermare l’ipotesi di interessi economici che vanno ben oltre il concetto di caccia sportiva”. La soluzione proposta dalla Coldiretti non lascia scampo a nessuno: occorre trovare una via alternativa, “anche mettendo in campo l’esercito se necessario”.