Mentre il conteggio dei casi di peste suina africana riscontrati nei boschi lungo il confine tra Liguria e Piemonte continua a salire, gli allevatori nelle province di Savona e Genova (i cui territori rientrano di fatto all’interno della zona rossa di contenimento) richiamano l’attenzione mediatica. Infatti, nonostante le aziende delle aree geografiche in questione abbiano abbattuto tutti i suini allevati (che, a onor del vero, erano assolutamente sani), non hanno ancora ricevuto alcun tipo di rimborso.
Il danno economico, peraltro, non si limita all’abbattimento dei capi da allevamento: con il divieto a effettuare il ripopolamento dei suini nelle stalle vuote che continua a perdurare, infatti, alle aziende è di fatto impossibile proseguire normalmente la propria attività. “La vendita degli animali è avvenuta sottocosto e questa operazione ha azzerato in un solo momento tutto il lavoro di anni degli allevatori per costruire una propria selezione aziendale volta a migliorare la qualità dei capi allevati”, sottolineano inoltre Stefano Roggerone, presidente di Cia Liguria, e Sandro Gagliolo, presidente di Cia Savona, nel far notare come, a oggi, la Confederazione italiana degli agricoltori non abbia ancora ricevuto notizia su come si intenda procedere con programma di depopolamento dei cinghiali selvatici.
“Se come sentiamo si procederà solo dopo la realizzazione della ‘recinzione della zona’” continuano Roggerone e Gagliolo “temiamo che l’unica certezza sarà lasciare spazio a nuove generazioni di cinghiali e con esse a nuovi e sempre più gravi danneggiamenti alle coltivazioni agricole”. La richiesta di Cia Liguria, forte di più di 6 mila firme raccolte, è quella di modificare la normativa regionale affinché questa consenta di operare in modo più incisivo sul controllo degli ungulati, oltre a una maggiore chiarezza circa l’erogazione di indennizzi alle aziende agricole che hanno dovuto abbattere i propri suini e non possono riprendere l’attività.