Meglio prevenire che curare – questo, verosimilmente, il pensiero della Regione Lombardia mentre procedeva a recintare il confine con la vicina provincia di Alessandria, teatro del più grande focolaio di peste suina africana. Nello specifico, sono state innalzate barriere artificiali di circa 17 chilometri a ridosso del confine regionale con il Piemonte: si tratta di una misura già vista il cui scopo, come avrete ormai potuto immaginare, è quello di rallentare la velocità dell’onda epidemica e tutelare gli allevamenti locali dall’imperversare del morbo limitando i movimenti dei cinghiali selvatici.
Gli interventi in questione verranno per di più affiancati da un piano specifico per ridurre la popolazione degli stessi cinghiali, che di fatto prevede la caccia – per la quale è anche permesso l’uso di dispositivi per la visione notturna e il foraggiamento attrattivo – di selezione su tutto il territorio regionale.
“Ringrazio il commissario straordinario alla peste suina africana, Angelo Ferrari” ha commentato a tal proposito Fabio Rolfi, assessore regionale all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi “per la rapidità d’azione e tutti coloro che stanno lavorando in modo sinergico, in primis la UO Veterinaria della DG Welfare di Regione Lombardia, ma anche la Polizia Provinciale di Pavia, l’ATC Pavia 5 e tutti i volontari attivi sul territorio pavese, per scongiurare l’arrivo della malattia in Lombardia. Nella nostra regione è allevato il 54% dei suini italiani. L’arrivo della peste suina anche in aree non ad alta vocazionalità suinicola sarebbe comunque un disastro economico”.