La peste suina africana nel Nord Italia? Un problema serio, non c’è ombra di dubbio: il focolaio più grande, quello individuato verso la fine del 2021 nel Piemonte meridionale, nel territorio della provincia di Genova e nel savonese non è ancora stato debellato e la zona infetta è stata recentemente allargata a comprendere anche una manciata di comuni in provincia di Asti e Piacenza. Nervosismo e timore, nel frattempo, sembrano farla da padroni; con la vicina Lombardia che teme una penetrazione del morbo nei suoi allevamenti suini e che punta il dito sulla carenza di soluzioni efficaci. “La maggior parte delle richieste avanzate dalla regione” aveva commentato il dirigente regionale Marco Farioli “appaiono in gran parte disattese“. Motivo per cui pare che le autorità regionali lombarde abbiano deciso di attivarsi per trovare una soluzione più “artigianale”: pagare cento euro per ogni femmina di cinghiale abbattuta.
Peste suina africana: la taglia sui cinghiali e il motivo per cui non è una buona idea
La misura, contenuta in una delibera della Direzione Generale del Welfare, è di fatto una vera e propria taglia sui cinghiali, con tanto di differenza nel compenso sulla base della preda: la testa dei cinghiali (o meglio delle cinghialesse) dell’Oltrepò Pavese vale come accennato ben cento euro, mentre quella delle femmine uccise nei restanti comuni della provincia di Pavia appena cinquanta.
L’obiettivo delle autorità della Regione Lombardia pare chiaro: tamponare e ostacolare quanto possibile la diffusione della peste suina africana, la cui circolazione sul territorio nazionale è direttamente collegata ai movimenti della fauna selvatica. In altre parole, spiega la sopracitata delibera, risulta “prioritario definire azioni sanitarie per ridurre il rischio di diffusione della peste suina africana nelle popolazioni di cinghiali”, in modo tale da “limitare la possibilità che l’infezione si propaghi nelle zone lombarde della Pianura Padana ad altissima vocazione suinicola”.
L’intera questione, tuttavia, potrebbe portare a un risultato opposto. A onore del vero la caccia è da tempo stata individuata come potenziale misura profilattica alla diffusione della PSA, ma le Regioni hanno finora faticato a coinvolgere i cacciatori nelle operazioni di abbattimento dei cinghiali. Viene da pensare che l’idea della Lombardia sia dunque quella di convincerli con denaro sonante, ma come fa notare Piera Rosati, presidente di Lega Nazionale per la Difesa del Cane Animal Protection, la misura potrebbe avere risvolti tutt’altro che positivi.
“Numerosi studi scientifici attestano che l’uccisione della matriarca può far aumentare esponenzialmente la popolazione di cinghiali” ha spiegato. Venendo a mancare lei, infatti, si avrebbe una “destrutturazione del branco, con la conseguente dispersione dei giovani e la formazione di nuovi branchi con l’ulteriore conseguenza dell’anticipazione del periodo fertile dei soggetti giovani”.