Alcuni sindaci dei comuni sottoposti alle misure restrittive a causa dell’epidemia di peste suina africana non ce la fanno più: dopo una riunione svoltasi il 9 aprile a Cantalupo Ligure, in alta Val Borbera, hanno chiesto perentoriamente che i sentieri vengano riaperti. Altrimenti sono pronti a scendere in piazza per protestare.
L’assemblea ha riunito sindaci, amministratori locali, commercianti, cacciatori, agricoltori, allevatori e operatori del turismo di tutta la zona, non solo valborberini. Gianni Repetto, ex presidente del Parco Capanne di Marcarolo, ha spiegato che l’Unione Europea non ha imposto di costruire la maxi recinzione prevista dal nuovo regolamento italiano, ma ne ha solo parlato come soluzione possibile.
Ma il problema è che, come spesso accade in Italia, l’imposizione è dipesa dall’interpretazione di funzionari e politici italiani. Secondo Repetto, infatti, sia Regione che Provincia si sono dichiarate contrarie a questa nuova regola sostenendo che la maxi rete “rischia di non essere efficace”.
Si è poi anche discusso degli abbattimenti dei cinghiali, al momento fermi. Giorgio Storace, il coordinatore del gruppo che unisce 85 squadre di cinghialisti, ha ricordato a tutti che sono state inviate diverse proposte alla Regione, ma ancora si attendono le risposte. Il problema è che bisogna intervenire subito: le gabbie, infatti, non servono per diminuire il numero dei cinghiali.
Fabio Semino, sindaco di Garbagna, ha ribadito che sono passati già tre mesi dall’inizio delle restrizioni e ancora non si sono avuti risultati. Come sindaci, loro chiedono di riaprire i sentieri: se ciò non verrà fatto, arriveranno a protestare a Torino.
Anche Franco Persi, sindaco di Villalvernia, è contrario alla barriera: il suo suggerimento è quello di spendere i 10 milioni di euro previsti a favore del territorio. Idem dicasi anche da parte di Ottavio Rube, sindaco di Costa Vescovato: per lui bisogna dire di no alla recinzione. Checco Galanzino, del comitato Fuoridipeste, ricorda poi a tutti che gli escursionisti hanno raccolto già 10mila firme per poter riaprire i sentieri.
Gli allevatori, invece, hanno chiesto che venga contenuto il numero dei cinghiali altrimenti le aziende non potranno ripartire.