Secondo i dati di Cia-Agricoltori Italiani, la peste suina africana mette a rischio l’export nostrano per un valore di 1,7 miliardi di euro (considerando poi che le esportazioni hanno fatto segnare un +12,2% rispetto al 2020). Fra gli allevatori e gli addetti al settore l’allarme è alto.
Mentre il governo vara delle misure (che qualcuno sostiene tardive in quanto è mancata la prevenzione) per cercare di arginare la diffusione della PSA (traduci con: ordinanza con divieto di caccia, pesca, raccolta funghi e tartufi, trekking e mountain biking in Piemonte e Liguria), ecco che la CIA ricorda che questa malattia è in grado di provocare un problema di ordine sanitario capace di danneggiare irreparabilmente tutta la filiera suinicola, soprattutto per quanto riguarda la produzione di prosciutti Dop e Igp.
La Confederazione Agricola ha rammentato a tutti che gli allevamenti italiani adottano già misure di bio-sicurezza molto elevate, ma nonostante ciò ecco che tali misure verranno rafforzate in modo da ridurre i rischi di nuovi focolai.
A proposito della peste suina africana, val sempre la pena ricordare qualche concetto base:
- la peste suina non provoca danni alla salute umana, ma causa gravi danni all’economia (vedi cosa successo in Cina)
- la peste suina africana e la peste suina classica sono due malattie differenti: la peste suina africana o PSA è provocata da un virus a DNA a doppia elica della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus. La peste suina classica o PSC è provocata da un virus a RNA a singola elica della famiglia Flaviviridae, genere Pestivirus
- meglio ribadire ancora una volta che la peste suina africana non è una variante della peste suina classica. Capiamo che questa storia delle varianti sta facendo perdere il sonno a molti, ma in questo caso si tratta di due malattie ben distinte, con agenti eziologici del tutto diversi (che poi abbiano nomi simili è un altro conto: la fantasia nel dare nomi alle malattie dopo un po’ si esaurisce)