La Liguria è, dopo il Piemonte, la regione con il maggior numero di casi di peste suina africana: l’emergenza tuttora in corso ha avuto origine proprio tra i boschi che corrono lungo il confine di queste due regioni, e i ritrovamenti continuano ad aumentare di settimana in settimana. In questo contesto, considerando anche che il morbo è riuscito a espandersi verso altre regioni (vedi i casi a Roma), il piano di contrasto prevede, tra le altre cose, di avviare un periodo venatorio della durata straordinaria per ridurre i numeri dei cinghiali selvatici: una decisione che, tuttavia, ha causato l’insorgere di numerose proteste da parte degli animalisti – proteste che hanno coinvolto anche la città di Genova.
“Anche i cinghiali hanno il diritto di vivere” si legge nei cartelli di protesta contro l’abbattimento: i manifestanti sostengono che si dovrebbe procedere con pratiche non cruente come l’immunocontraccezione, posando di fatto i fucili. “In tutti questi anni non si è pensato minimamente ad apportare metodologie atte ad arginare il vero problema, e la colpa non può e non deve ricadere sugli animali” spiegano gli animalisti “Le grandi città italiane sono letteralmente sommerse dalla spazzatura, inutili le continue segnalazioni inviate alle istituzioni, i rifiuti urbani hanno funzione attrattiva per gli animali selvatici, cinghiali in primis”.
E ancora: “La nostra voce contiunua a rimanere inascoltata nonostante gli innumerevoli studi scientifici stiano ampliamente dimostrando che gli abbattimenti non sono la soluzione ma la causa scatenante della proliferazione dei cinghiali (dottoressa Giovanna Massei, professor Andrea Mazzatenta, giusto per citarne alcuni), si continua ad affidare la gestione della fauna selvatica alla pratica venatoria, questa rivelatasi fallimentare sotto molti aspetti. Politici, agricoltori e cacciatori stanno mettendo in atto un vero e proprio terrorismo mediatico atto unicamente a diffondere odio, una comunicazione fuorviante che in alcun modo può essere tollerata”.