I ministri Ue sono riusciti, dopo più di due giorni di trattative, a giungere a un accordo comune circa le quote pesca riferite al Mar Mediterraneo, Mar Nero, Atlantico e Mare del Nord, con il Mediterraneo occidentale che si è rivelato uno dei punti più difficoltosi e controversi del negoziato.
In soldoni, è stata leggermente stemperata la linea dura nei confronti del comparto dello strascico, il cui periodo di fermo è passato al 6% (contro il 7,5% proposto dalla Commissione) con la possibilità di ulteriore riduzione nel caso in cui gli Stati interessati adotteranno tecniche sostenibili; mentre sono stati introdotti nuovi periodi di fermo per i palangari che entreranno in vigore dal 2023. Si tratta di misure volte alla tutela degli stock ittici, senza le quali Paesi come Francia, Spagna e ovviamente anche Italia avrebbero potuto perdere il 20% dei posti di lavoro nel settore in tre anni. “Le restrizioni saranno inferiori rispetto a quelle già note e che si traducono nei cosiddetti ‘fermi aggiuntivi’“, ha infatti commentato l’Alleanza Cooperative Pesca, che si è premurata di sottolineare come le proposte iniziali fossero ben più stringenti: “Grazie al lavoro del governo le nostre imbarcazioni che praticano la pesca a strascico saranno chiamate a restare in porto solo fino a un massimo di 4 giorni in più rispetto al 2021. Un risultato tutt’altro che scontato fino a qualche settimana fa”.
Capitolo a parte per il Regno Unito, con il quale ancora non è stato raggiunto un accordo soddisfacente sulle licenze per la pesca, nonostante le recenti concessioni di Londra ai pescatori francesi. “Però continuiamo ad essere ottimisti e speriamo di raggiungere un’intesa entro il 20 dicembre”, ha dichiarato Joze Podgorsek, ministro dell’Agricoltura della Slovenia al termine del Consiglio europeo per l’Agricoltura e la Pesca.