La notizia della chiusura di Pernigotti, dal 1860 sinonimo di cioccolato nell’immaginario collettivo italiano, non è propio esatta. Il marchio dovrebbe restare, non così l’azienda di Novi Ligure, che contava 200 dipendenti.
Nel pomeriggio di ieri, il gruppo turco Tuksoz, attivo nel settore farmaceutico ed energetico oltreché dolciario, nonché proprietario di Pernigotti dal luglio 2013, si è detto non più interessato allo stabilimento annunciando 100 licenziamenti.
[Storia dei marchi alimentari italiani venduti allo straniero, compreso l’aceto balsamico di Modena]
[Made in Italy: 12 marchi dolorosamente (s)venduti allo straniero]
La cittadina piemontese in provincia di Alessandria si è subito mobilitata per non perdere un patrimonio storico come la fabbrica, trasferita nell’attuale sede di viale della Rimembranza nel 1944, dopo che un bombardamento aveva distrutto l’opificio in cui Pernigotti produceva i famosi gianduiotti dal 1927. Il sindaco Rocchino Mliere ha organizzato un’assemblea permanente in fabbrica, con i lavoratori a presidio dei cancelli.
L’obiettivo è un nuovo incontro tra sindacati e proprietà per scongiurare la chiusura dello stabilimento per cui, solo fino a pochi giorni fa, si parlava di rilancio dopo le perdite accumulate negli ultimi 5 anni pari a 13 milioni di euro ma ridotte a 8 milioni, secondo la famiglia Toksoz, nel 2017.
I segnali di una probabile dismissione della sede di Novi Ligure c’erano eccome. Molte produzioni dell’azienda dolciaria piemontese si trovano ora in Turchia, mentre nessuno degli impianti di Novi Ligure era stato potenziato, e non ne erano stati realizzati altri, nemmeno per i nuovi prodotti promessi e mai visti.
Anzi, anche nel settore dei preparati per gelati, di cui la Pernigotti ha sempre vantato la leadership, si erano registrate pesanti flessioni.
[Crediti | Il Sole24Ore]