Il quadro allarmante è frutto dell’indagine di Essere Animali sulla carne Lidl, portata avanti negli ultimi mesi e già diffusa relativamente alle ormai famose striature bianche. Ora si aggiunge un ulteriore tassello: il pollo contiene batteri patogeni (ovvero responsabili dell’insorgenza di malattie, il che rappresenta un rischio per la salute del consumatore) in quantità preoccupanti. Non solo, risulta la presenza di batteri resistenti agli antibiotici.
Su diverse Nazioni prese in esame (Germania, Spagna. Gran Bretagna, Polonia) l’Italia ne esce malissimo, con un campione su due marchiato in rosso in quanto positivo. Tutto ciò a causa dell’allevamento intensivo ormai fuori controllo, situazione che sembra sempre in peggioramento.
Il pollo Lidl in Italia
Lo studio in Italia è stato realizzato su campioni acquistati nel mese di gennaio 2024: sono state comprate 24 confezioni di carne fresca di pollo a marchio Lidl da 4 punti vendita su Roma, Firenze e Milano: 6 confezioni di ali, 6 di cosce, 4 di sovracosce, 2 di fusi e 6 di petto. Essere Animali spiega che l’analisi è stata svolta in un laboratorio indipendente in Germania: la carne, immediatamente confezionata in borse frigo dopo l’acquisto, è arrivata li in celle refrigerate e nel pieno rispetto della catena del freddo.
Ecco, 1 campione su 2 è risultato positivo alla “pandemia silenziosa” ovvero la resistenza agli antibiotici (il 46% delle confezioni), alla Listeria (il 54% delle confezioni), alla Salmonella (in 11 confezioni). Brenda Ferretti, di Essere Animali, commenta: “i risultati dei test microbiologici sulla carne di pollo a marchio Lidl Italia dovrebbero suonare come un gravissimo campanello d’allarme. Adesso la palla passa proprio a Lidl: sarebbe irresponsabile da parte loro continuare come se nulla fosse“. Sulla Listeria, poi, c’è da fare un doppio ragionamento: il batterio è disattivato dalla cottura ma può permanere sulle superfici della cucina che entrano in contatto con la carne cruda.
Gli allevamenti intensivi e il basso costo
Purtroppo non è facile accettare i dati, soprattutto se il Governo attuale è il primo a non credere in essi o a ritenerli esagerati (i dati non sono affidabili, mentre i sorrisi delle mucche negli allevamenti sono testimonianze dirette. Lo sapevate?). Eppure ci sono segnali di speranza, come la proposta di legge che punta alla riqualificazione degli allevamenti intensivi. Intensivo significa che il profitto non basta mai, e quando “non basta mai” si sceglie di mettere in secondo piano cose come la salute degli animali e di conseguenza anche la nostra. E non solo per il consumo diretto di carne prelevata da animali vissuti male e in malattia, pensiamo anche al fatto che gli allevamenti intensivi inquinano. La Pianura Padana ne sa qualcosa.
Il meccanismo è questo: per avere prezzi bassi e quindi più acquisto, si mantengono standard di qualità bassi. Nonostante le evidenze, dalle aziende come Lidl la risposta è sempre quella: il loro impegno da anni nello sviluppo continuo degli standard di benessere animale, e la collaborazione con fornitori e ONG per promuovere pratiche sostenibili. Essere Animali spiega invece che Lidl (a differenza di altre realtà come Carrefour, per esempio) non ha ancora aderito all’ECC – European Chicken Commitment – in Italia.