Odi et amo, ma provocare audience piace ad entrambi: parliamo di Gino Sorbillo e Flavio Briatore, che per l’ennesima volta hanno litigato sulla pizza, a suon di video condivisi sui social network. La dinamica più o meno è quella già familiare, che ciclicamente torna: da una parte arriva una provocazione, dall’altra si risponde, e si mantiene acceso il forno giusto il tempo per creare un po’ di scompiglio. Siamo sotto Pasqua, dopotutto.
Ovviamente il fatto che questo bisticcio sia una trovata marketing è una nostra supposizione, non ne abbiamo le prove, ma diciamo che un Briatore che si espone in un video ignorante come quello pubblicato suona davvero molto strano. Ignorante perché sembra una recita in cui fa errori grossolani di proposito, e proprio sull’argomento in discussione: la “napolitanità” come dice lui. Toh guarda, tira in ballo anche l’ananas al momento tanto cara al collega.
La faida fatta a regola (secondo noi)
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Questa volta a innescare la cosa è stato Gino Sorbillo, che avrebbe criticato la pizza Vesuvio di Briatore sostenendo che le origini romane del Crazy Pizza non siano degne di un nome così campano. Si sa, d’altronde, la pizza esiste solamente in Campania, a Napoli, da Sorbillo The First. Ovviamente, il rivale (o compare) risponde a tono difendendo la propria creazione in quanto dedicata ai napoletani e realizzata con ingredienti legati al territorio. La difesa, infatti, si sviluppa con una cacofonica lettura degli stessi, storpiati e pronunciati come se li stesse leggendo per la prima volta in vita sua.
A differenza di Fedez che davanti a Cracco non sa sinceramente come si pronuncia il nome di Alain Ducasse, sentire un Briatore che non sa quasi come si pronuncia “Monti Lattari” e che al posto di “Piennolo” dice “Pinnòlo” non è credibile. Non ci fregate, amici, dite la verità: la nostra attenzione (del giornalismo, e non solo) vi mancava e avete voluto attirarla di nuovo come quando litigaste sul costo della pizza (come se fosse questione di destra contro sinistra).
Se non ha il mascarpone non chiamarlo tiramisù
Si parla ancora di pizza, tranquilli, ma il titolo si riferisce al fatto che Gino Sorbillo ritenga inopportuno chiamare “Vesuvio” una pizza che ha sì ingredienti regionali campani ma che è “stesa con mani e mattarello“. Un po’ come quel filone di puntigliosi che non accetta varianti delle pietanze tradizionali, al punto di pretendere che si chiamino in altro modo. Ce lo vediamo, Sorbillo, intimare a chiunque non faccia la pizza impastando con l’acqua di Napoli di cambiare nome al disco lievitato più pop del mondo.
Una strategia marketing maldestra
E, intanto, la pubblicità reciproca prosegue, lui che bacia che che bacia lui etc. Sorbillo introduce Briatore con una prima mossa sleale, lui sciorina ai seguaci tutti gli ingredienti eccellenti usati al Crazy Pizza, e a sua volta successivamente percula il collega partenopeo sull’ananas. Ananas chiamato inizialmente “banana”, con quel distacco strategico e a regola d’arte che vuole ottenere più attenzione di quella che si meriterebbe: “quando fa la pizza alle banane, no, non erano banane, ma ananas. Io a Napoli sono stato diverse volte e non ho mai visto delle piante di ananas“. E continua: “perché noi dobbiamo sempre giocare coi più forti. Sorbillo è forte a Napoli? E noi diventeremo fortissimi a Napoli. Ci vediamo al Crazy Pizza a Napoli. Viva Napoli!”. Bravi, avete vinto tutti e due.