La guerra del governo contro la carne coltivata in laboratorio prosegue a oltranza. Mentre più della metà degli italiani è incuriosito e vorrebbe provarla, ecco che il governo ci ha fatto sapere che ha lottato per noi (non per tutti a quanto pare visto che c’è chi vorrebbe poterla assaggiare) e tramite un disegno legge ne ha appena vietata sia la produzione che la distribuzione in Italia. La battaglia è così aspra che appena la legge è passata, ecco che fuori da Palazzo Chigi Ettore Prandini, presidente di Coldiretti e Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa sono venuti letteralmente alle mani. E mentre si discute così pacatamente ecco che qualcuno si è posto un quesito: non è con questa legge rischiamo una procedura d’infrazione da parte della UE?
Perché l’UE potrebbe bacchettarci con la nuova legge sulla carne coltivata
Della tenzone fra Prandini e Della Vedova abbiamo già ampiamente parlato. Tenzone che è finita con Della Vedova che pare voglia agire per vie legali contro Prandini, il quale a sua volta vuole procedere per vie legali contro Della Vedova. In tutta questa bagarre a colpi di “Ti denuncio io, no, ti denuncio prima io”, ecco che la legge della discordia che vieta di produrre, consumare e mettere in commercio cibi e mangimi prodotti partendo da colture cellulari (fra l’altro l’UE ha appena dato l’ok al suo uso nei mangimi)potrebbe causarci non pochi problemi con l’Unione Europea.
A fornire un parere legale questa volta è l’Associazione Luca Coscioni: questa legge violerebbe le norme europee relative alla libera circolazione delle merci, uno dei cardini dell’Unione Europea. Ma non finisce qui: il divieto potrebbe anche configurarsi come illegittimo in quanto sarebbe un “divieto preventivo”, stabilito prima ancora che l’Unione Europa abbia prodotto una legge in tal senso.
Cosa vuol dire tutto ciò? Che dobbiamo ricordarci che siamo pur sempre parte dell’Unione Europea e ai suoi principi fondanti dobbiamo attenerci sempre. Tradotto: se l’UE decidesse di dare il via libera alla commercializzazione di carne coltivata, il divieto italiano si annullerebbe automaticamente.
Il tutto con un corollario: se la legge venisse annullata, in questo lasso di tempo la ricerca italiana in merito subirebbe una battuta di arresto che ci lascerebbe indietro rispetto ad altre nazioni se e quando la legge europea fosse approvata e fosse contraria alla nostra. Questo divieto diminuirà gli investimenti e farà sì che i ricercatori italiani siano costretti ad andare all’estero per poter continuare le ricerche di proteine sostenibili (fra l’altro altri paesi come Belgio, Regno Unito e Spagna hanno investito già parecchi milioni in tali ricerche).
Per il Good Food Institute Europe il problema in Italia è che la discussione in merito alla questione è stata “influenzata dalla disinformazione”. Strano, non succede mai qui da noi.
Il tutto si tradurrà in mancati investimenti e ricerca, mancati posti di lavoro, rallentamento della lotta al cambiamento climatico e si privano anche i consumatori della libertà di scelta. Perché il discorso è sempre lo stesso: aggiungere un’opzione a quelle esistenti non vuol dire obbligare tutti a provare quell’opzione. Ma impedire tale opzione sì che vuol dire obbligare tutti a non provarla.
Alla luce di tutto ciò ecco che l’Associazione Coscioni ha dichiarato di voler presentare ricorso contro questo divieto voluto dal governo Meloni proprio davanti al comitato Onu.