La questione è più semplice di quanto potreste pensare, ma merita un breve riassunto. Nel mese di aprile la Turchia chiede che il kebab sia riconosciuto e tutelato come “specialità tradizionale garantita” (o STG, per gli amici), al pari della – per fare un esempio pratico – pizza napoletana. La Germania non ci sta, e nelle ultime ore presenta un ricorso formale per opporsi alla richiesta della Turchia. Il motivo?
Vale la pena notare che ufficialmente non è stata comunicata una motivazione per il ricorso, ma impegnandosi in un più o meno banale due più due è possibile intuire che si tratti di una questione di denaro o, per essere ancora più precisi, di prezzi.
Il nodo tedesco e la paura dei prezzi
Un piccolo passo indietro. La richiesta della Turchia di riconoscere il döner kebab, cotto sul caratteristico spiedo verticale, come prodotto tradizionale europeo dovrebbe far sì che nei paesi europei la parola “döner” – derivata dal verbo turco dönmek, “girare” – possa essere impiegata solamente da quei ristoratori che preparano la pietanza rispettando il metodo turco e impiegando gli ingredienti tradizionali.
In Germania vive una consistente minoranza turca, di circa tre milioni di persone. La decisione del ministero del Cibo e dell’Agricoltura tedesco di opporsi alla richiesta della Turchia deriverebbe, stando a quanto riportato dai colleghi di Euronews, dalle lamentele di numerose associazioni di consumatori.
I nostri lettori più attenti ricorderanno che appena una manciata di mesi fa, in occasione della campagna elettorale per le elezioni europee di giugno, prese piede il neologismo “Dönerflation”, o “inflazione del kebab”, a indicare come, in Germania, il prezzo dell’arrotolato fosse più che raddoppiato nel corso degli ultimi due anni. La proposta, per calmare le acque, fu di fissare un tetto massimo sui prezzi.
La tutela STG, come abbiamo accennato nelle righe precedenti, permetterebbe solo ai ristoratori che rispettano determinate regole di chiamare il proprio prodotto “döner”: la richiesta inviata alla autorità europee specifica (giustamente) il tipo di carne da usare, lo spessore delle fette e persino gli ingredienti con cui marinare.
Da qui l’ipotesi, evidentemente concreta, che il semaforo rosso tedesco sia motivato anche e soprattutto dal timore di una ulteriore crescita dei prezzi. Palla a metà campo, dunque: nei prossimi sei mesi i due paesi potranno cercare un accordo, con la Commissione europea che terrà il privilegio della decisione finale. Staremo a vedere.