Una cosa ormai dell’internet l’abbiamo capita: ai suoi cittadini non va mai bene nulla. Mettiamo che un’influencer, un’imprenditrice o, più prosaicamente, una che se lo può permettere si conceda per il suo matrimonio una cerimonia faraonica, in una location fantasmagorica e con un menu – ovviamente – all’altezza di cotanto sfarzo, magari firmato da qualche celebrity chef stellato. Alla pubblicazione, probabilmente in tempo reale, delle immagini dell’evento sui social corrisponderà l’immediata ondata di indignazione, con accuse di cafonaggine, ostentazione, e gli onnipresenti sermoni su come quel budget sarebbe stato meglio speso in beneficenza. Ecco, ci si potrebbe aspettare che, all’opposto, delle nozze particolarmente morigerate potessero incontrare ampi consensi, e invece. Ne ha fatto le spese Veronica Ferraro, influencer e migliore amica storica di Chiara Ferragni, che ha ricevuto critiche e sfottò a causa delle sue scelte gastronomiche per il suo matrimonio con l’autore e produttore Davide Simonetta.
Il menu delle nozze tra Veronica Ferraro e Davide Simonetta
Pane e mortadella, “pasta al pesto semplice“, polpette di manzo con salsa al pomodoro e “torta di tutti“, letteralmente, coi commensali che si sono avventati sul dessert armati di apposite palette. E no, non si tratta di avveniristiche scomposizioni o reinterpretazioni d’autore, il pane e mortadella era una rosetta con la mortadella, e idem per il resto. Apriti cielo: tirchi, “potevate aggiungere il petto di pollo alla Canalis” (quest’ultima battuta era molto buona, lo ammettiamo). Ferraro si è affrettata a spiegare sui social che le scelte fatte avevano tutte un significato preciso per la famiglia, ma francamente la cosa ci interessa poco. Evidentemente in casa sua non ci sono gourmand, lei non si sposa con uno chef con tredici stelle Michelin come Enrico Bartolini e nemmeno al castello delle cerimonie, e per il suo matrimonio potrà avere il menu che le pare.
Probabilmente i critici gastronomici avventatisi sui post della nota influencer sono sempre stati più fortunati di noi per quanto riguarda la qualità dei pranzi da matrimonio. Perché tra interminabili buffet di fritti e sfogliatine da catalogo di surgelati (quando va bene), sfilate di primi inutilmente pretenziosi che si rivelavano puntualmente precotti, il tutto reso tollerabile solo dalle copiose quantità di prosecco che avrebbero imposto gastroprotettori nei giorni successivi, noi un panino con la mortadella, ce lo sognavamo, altro che tirchieria.