Perché i pescatori europei hanno paura del tonno thailandese

Un accordo commerciale con la Thailandia minaccia il mercato del tonno europeo.

Perché i pescatori europei hanno paura del tonno thailandese

il 31 marzo la Commissione Europea ha aperto le discussioni per stabilire le condizioni del FTA, Free Trade Agreement, tra l’Unione Europea e la Thailandia, un accordo commerciale tra paesi che, per favorire gli scambi commerciali, negoziano tra loro condizioni fiscali agevolate.

Sono trattative che vanno avanti ormai da un paio d’anni, e a cui l’organo europeo rappresentativo della pesca, Europêche, e in generale tutta l’industria del tonno del continente guardano con molta preoccupazione: se questo accordo con la Thailandia dovesse includere anche il tonno, le conseguenze sul mercato potrebbero essere molto gravi.

Tonno thailandese vs. europeo

tonno scatola

La thailandia è il più grande produttore ed esportatore mondiale di tonno, con una produzione annuale di 47 mila tonnellate di scatolette: di queste 10 mila vengono esportate verso l’europa, e al momento sono soggette a dazi del 24%.

Se questi dazi dovessero essere eliminati includendo il tonno nell’accordo di libero scambio, il mercato verrebbe scosso da una vera e propria invasione di prodotto di prezzo e qualità più bassi, e le flotte di tonnare si troverebbero ad affrontare una concorrenza non soggetta agli stessi standard ambientali, sociali e qualitativi. E proprio la flotta di tonnare europee sta affrontando un periodo molto difficile, come prova la chiusura proprio l’anno scorso di due aziende pescherecce molto importanti come Via Océan e Nicra 7. Le ragioni? L’impossibile concorrenza in acque internazionali con barche non sottoposte alle regolamentazioni europee.

Mercurio nel tonno in scatola: preoccupano i risultati del test europeo Mercurio nel tonno in scatola: preoccupano i risultati del test europeo

Le navi europee per la pesca del tonno sono ormai considerate, in un settore ultra-competitivo come quello del tonno, un esempio di sostenibilità: rispettano standard molto severi, sono monitorate 24 ore al giorno, e imbarcano sempre un osservatore scientifico che si occupa del controllo e dell’applicazione dei regolamenti, oltre alle certificazioni MSC,AENOR e AFNOR. Tutti vincoli che le barche extra-UE non sono tenuti a rispettare, quando non mettono in atto pratiche di pesca illegali.

Xavier Leduc, presidente dello Europêche Tuna Group, commenta così: “i filetti di tonno e le scatolette lavorate in Thailandia da aziende con standard bassi sono una diretta minaccia per la sostenibilità delle flotte europee, che affrontano costi più alti”. “Un accordo di libero scambio -continua Leduc- che permetta a questi prodotti di entrare in Europa senza dazi aggraverebbe soltanto questo disequilibrio, creando un ulteriore svantaggio per le flotte europee e per la concorrenza”.

Non si tratta solo di pesca. L’industria conserviera thailandese ha già dimostrato di avere molti limiti in termini di standard igienici e sanitari e sui diritti dei lavoratori. Il mercato è il mercato, ma si può fare qualcosa: secondo Anne-France Mattlet di Europêche “con le regole vigenti, l’Unione Europea non può bloccare del tonno di bassa qualità dall’entrare nel mercato, ma non può permettere che avvenga senza dei dazi”.