Francesco Lollobrigida fa quasi tenerezza quando si ostina a sostenere che l’Italia sia all’avanguardia sulla carne coltivata. Tralasciando un attimo la questione su come sia possibile essere all’avanguardia su qualcosa che si rifiuta a priori (che a saperlo, quando da piccola mi rifiutavo a priori di assaggiare qualcosa di vegetale, i miei non erano capricci, bensì semplicemente ero all’avanguardia, cielo quanto ero avanti!), ecco che forse bisognerebbe anche sentire la campana di chi questa carne coltivata la studia, visto che, al netto dei conti, gli scienziati non sono per niente d’accordo con il ministro.
Francesco Lollobrigida e quello strano concetto di “avanguardia”
Il ministro dell’Agricoltura e tutte cose, colui che ferma cose e che moltiplica stipendi, ha nuovamente ribadito che l’Italia è all’avanguardia per quanto riguarda la carne coltivata. Anche se ciò va tradotto con “è all’avanguardia nel boicottare questa carne”. Secondo il ministro, questo è testimoniato dal fatto che l’Assemblea Nazionale francese ha presentato una proposta in merito alla carne coltivata (ovviamente Lollobrigida continua a definirla “carne sintetica”) che è identica a quella italiana e che, nella sua relazione introduttiva, fa proprio riferimento a quella.
Cosa di cui andare orgogliosissimi, almeno, secondo il Lollobrigida-pensiero. Secondo il ministro, poi, anche la sua controparte austriaca, durante l’ultima riunione di Agri-fish, ha concordato in riunione con lui e con l’omologo francese, di creare un documento comune da presentare durante la prossima riunione dei ministri dell’Agricoltura. Lollobrigida ha poi concluso fieramente che si tratta di una narrazione che è il contrario di quella usata in Europa.
Beh, però a questo punto, visto che Lollobrigida nella sua narrazione sta cercando di convincere l’elettorato che la legge che vieta di commerciare, produrre e consumare la carne coltivata in Italia sia stata voluta da tutti (tutti chi, esattamente? Perché mi risulta che ci siano parecchi italiani che gradirebbero poterla assaggiare o usare) e che noi siamo all’avanguardia per aver vietato per partito preso qualcosa che avremmo invece dovuto approcciare in maniera più lungimirante, ecco che dobbiamo sentire un altro tipo di narrazione.
Quella degli scienziati italiani. Un gruppo di 30 scienziati italiani, infatti, ha scritto una lettera aperta parlando proprio della carne coltivata e della legge che la vieta in Italia. La lettera, riportata su La Stampa, inizia ricordando che la promulgazione di questa legge rischia di farci incorrere in una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea.
Gli scienziati hanno fatto notare che durante tutto l’iter del disegno di legge, in molti avevano tentato di avvisare il Governo che questa legge poteva violare i trattati UE con il rischio di una procedura di infrazione, ma la maggioranza del Governo non ha voluto ascoltare, rifiutandosi anche solo di considerare di inserire in tale legge un riferimento su un’eventuale revisione della legge nel caso in cui la carne coltivata venisse approvata in Europa.
Inoltre la comunità scientifica ha anche fatto notare come avesse cercato più volte di avvisare i promotori di tale legge della pericolosità di impedire sul nascere questo filone di ricerca promettente e competitivo, cercando di spiegare che “studiare è meglio che vietare”. Solo che i politici hanno deciso di sbarrare a monte tale strada, preferendo una forma di narrazione che parlava di pericoli inesistenti, proponendosi poi come gli unici possibili salvatori nei confronti di pericoli che non esistono. Il che ha generato un notevole danno alla reputazione scientifica del Paese.
Per questo motivo gli scienziati chiedono che le società scientifiche, gli imprenditori e gli studiosi facciano arrivare alla Commissione europea tutti i rilievi, le perplessità e le proposte già espresse al Governo e rimaste inascoltate. Perché, come detto da Sergio Mattarella, “Il futuro arriva tra di noi, entra in noi attraverso la Ricerca”.