Dici “allevamento intensivo“, pensi mucche e polli. Ma la verità è che c’è un comparto altrettanto inquietante in termini salutari, ambientali ed etici: quello dell’acquacoltura. E al 31 di dicembre, con le tavole quasi imbandite, calza a pennello il recente report pubblicato da Foodwatch che giudica “fuori controllo”, già nel titolo, l’industria europea del salmone. Le ragioni sono quelle che purtroppo conosciamo bene: sofferenza degli animali e decessi di massa, in primis, ma anche inganno ai consumatori tramite certificazioni di sostenibilità che nascondono realtà ben diverse.
Trasmissione delle malattie e mancata tracciabilità
Nonostante i luccicanti marchi che garantiscono la sostenibilità degli allevamenti di salmone (come quelli rilasciati dall’ente Aquaculture Stewardship Council), i dati rilevati dall’indagine, condotta principalmente sui prodotti importati in Germania, dicono ben altro. Le vasche sovraffollate e le difficili operazioni di pulizia conducono a un’inevitabile rapida trasmissione delle malattie da un pesce all’altro, con conseguente elevato tasso di mortalità. Gli esemplari che riescono a fuggire dagli allevamenti rischiano inoltre di infettare i salmoni selvaggi, alterando il già precario equilibrio degli ecosistemi.
Le stime dell’indagine parlano di una media di un giovane salmone su quattro e un salmone adulto su sei morti durante la fase di allevamento. In Norvegia, uno dei principali Paesi esportatori di salmone, muoiono ogni anno circa 100 milioni di esemplari a causa delle condizioni di allevamento. Un questione di etica e salute, ma anche di trasparenza nei confronti dei consumatori.
Etichette come quelle apposte dal già citato Aquaculture Stewardship Council dovrebbero garantire la tracciabilità dei pesci, ma secondo il report di Foodwatch, solo due prodotti su dieci analizzati potevano essere ricondotti a specifici allevamenti. Se queste informazioni non fossero sufficienti, si aggiunge il maggior rischio di contrarre i virus di cui i pesci sono portatori specie quando crudi (no, l’affummicatura non è una garanzia di uccisione dei patogeni). Insomma, buon cenone a voi – lo mangerete il salmone stasera?