Pare che il Peperoncino calabrese non stia subendo gli effetti della crisi economica scatenata dalla pandemia da Coronavirus, anzi: la sua produzione è in crescita. Inoltre si abbrevia la strada verso il riconoscimento del marchio Igp: il Consorzio dei produttori del peperoncino di Calabria ha, infatti, presentato al Mipaaf l’apposito disciplinare di tutela, il tutto sostenuto da Cia Calabria.
Pietro Serra, presidente del Consorzio, ha raccontato ad Adnkronos/Labitalia che il Consorzio è nato nel 2016: ad oggi conta 47 aziende del territorio che producono e trasformano il Peperoncino calabrese. Quest’anno sono stati coltivati a peperoncino 70-80 ettari in tutta la Calabria: è una fase di crescita per questo prodotto e altre aziende si stanno associando al Consorzio.
Serra ha poi rivelato che il 50% del peperoncino prodotto in Calabria viene comprato da una società facente capo a Unilever. Qui viene trasformato in spezia, spedita poi in Olanda dove viene largamente consumato per le salse e i condimenti. Solo che, come Serra sottolinea, molto spesso le persone non sanno di star mangiando del Peperoncino calabrese.
Il restante 50%, invece, rimane in Calabria e in Italia dove viene utilizzato per le conserve e i salumi. Serra lamenta il fatto che questo prodotto unico non viene sufficientemente valorizzato, soffocato dalla concorrenza sleale di prodotti analoghi che arrivano da Cina, Tunisia e India (anche se pare che l’India, principale produttore mondiale di peperoncino, sia leggermente in crisi a causa di infestazioni di insetti e del maltempo).
Secondo Serra, il peperoncino che arriva da questi paesi è pieno di coloranti e conservanti. Inoltre viene prodotto in condizioni igieniche non accertabili e arriva in Italia in conteiner, costando 3 euro al chilo. Il Peperoncino calabrese, invece, trasformato in spezia costa 20 euro al chilo: per produrre 1 kg di peperoncino in spesia serve 1 quintale di prodotto fresco. A questo bisogna poi aggiungere i costi di imballaggio, trasporto e altro.
Tuttavia se venisse assegnato il riconoscimento Igp al Peperoncino calabrese, ecco che potrebbe esserci la svolta. Bisognerà tuttavia attendere settembre-ottobre per avere una risposta più precisa.
Serra chiede poi che il Governo si attivi per impedire che in Italia arriva il peperoncino in salamoia della Tunisia o dell’Egitto, pieno di conservanti e coloranti. Il presidente sottolinea una situazione paradossale: in Italia è vietato usare questi conservanti e coloranti, ma poi viene permessa l’importazione di prodotti che li contengono.
A sostenere la richiesta dell’Igp è anche Cia Calabria: Mario Grillo, il vice presidente, ricorda che quella del peperoncino in Calabria è una filiera in continua crescita e con ampi margini di miglioramento.