Pellegrino Artusi un po’ come Marco Polo. L’uomo che viene tradizionalmente associato alla figura – e alla responsabilità che naturalmente ne consegue – del “padre” della cucina italiana viaggia fino alla Cina, sotto la forma del suo celeberrimo ricettario, Bibbia del gusto che ha per sempre cambiato (ma forse sarebbe un poco più opportuno dire “formato” la gastronomia del nostro caro e vecchio Stivale.
La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene, manifesto dell’Italia unita culturalmente, istituzionalmente (il tomo, a essere ben precisi, venne pubblicato nel 1891: giusto un trentennio dopo l’Unità con la U maiuscola) ma anche e soprattutto gastronomicamente, è in altre parole stato tradotto in mandarino dal professor Wen Zheng, responsabile del dipartimento di Lingua italiana presso l’Università di Lingue straniere a Pechino, oltre che accademico della Crusca e traduttore di grandi scrittori italiani, da Boccaccio a Calvino, a Umberto Eco.
Pellegrino Artusi e il suo approdo in Cina
Stando a quanto riportato dai colleghi dell’ANSA, l’approdo in Cina de La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene è di fatto stata curata dall’editore locale Hunan Fine Arts Publishing House con Casa Artusi, grazie al sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Forlimpopoli (paese natale dello stesso Artusi, per l’appunto), Ambasciata d’Italia a Pechino, Istituto Italiano di Cultura di Pechino e Aife Filiera Italiana Foraggi.
Un’opera di mediazione corale per creare un ponte tangibile, di impronta naturalmente gastronomica, tra l’Italia e la Cina: come già accennato in apertura di articolo l’opera di Pellegrino Artusi è il libro di cucina per antonomasia, che ha fondamentalmente innescato la possibilità di parlare di cibo come rivoluzione culturale.
Chiaramente, l’approdo di Pellegrino Artusi nel Paese del Dragone è anche e soprattutto una importante mossa commerciale e comunicativa: “Far conoscere il celebre manuale, divenuto una pietra miliare dell’unificazione dell’Italia” ha commentato a tal proposito l’assessore regionale alla Cultura, Mauro Felicori “è in realtà un modo per promuovere nel mondo il cibo, la cultura, il turismo italiani e rendere sempre più appetibile l’Italia”.
Per l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, “la cultura dell’Emilia-Romagna ha un patrimonio vastissimo e parla al mondo”, tra cui un importante patrimonio gastronomico. “Il cibo – aggiunge – non deve essere considerato una commodity ma è un grande patrimonio culturale. Il cibo è scienza, arte, creatività” e l’Artusi rappresenta perfettamente “una regione diventata la food valley del Paese”.
C’è piena soddisfazione anche nelle parole della presidente della Fondazione Casa Artusi, Laila Tentoni: “L’Artusi è un testo di riferimento insostituibile per chi ama la cucina italiana e la sua traduzione in cinese sostiene lo scambio tra due grandi culture”.