Negli ultimi tempi il Pecorino Romano era riuscito a mettere a segno un aumento dei prezzi che, di fatto, lo aveva posto allo stesso livello delle quotazioni del Parmigiano Reggiano. I produttori e le aziende del settore, tuttavia, non hanno affatto potuto godere di questa crescita: a causa degli aumenti sulle tariffe energetiche e sui prezzi di mangimi e concimi, infatti, i costi di produzione si sono impennati azzerando di fatto il prospetto di una maggiore remunerazione.
È quanto emerso dall’intervento della Copagri nel corso della riunione del Tavolo nazionale ovicaprino, convocato dal Mipaaf con l’obiettivo di confrontarsi sulla salute del settore per discuterne le future prospettive di sviluppo. Futuro che, stando al punto di vista espresso dalla Confederazione di produttori agricoli, assume una sorta di stabilità solamente attraverso l’adozione di misure atte a ridurre i costi di produzione come il ricorso a un reddito integrativo; o alternativamente puntando sulla promozione della diversificazione e destagionalizzazione delle produzioni. A tal proposito, rimane fondamentale continuare a monitorare puntualmente i costi di produzione del latte e dei formaggi ovicaprini, esplorando anche le conseguenze legate alla superficie aziendale e alla zona geografica di appartenenza.
“La situazione apparentemente favorevole del Pecorino Romano, la cui produzione nella campagna 2020/2021 è stata di oltre 340 mila quintali, non nasconde le ataviche sofferenze di un comparto che necessita di urgenti interventi strutturali per ridurre i costi delle attività di produzione e di quelle di trasformazione” ha infine concluso la Copagri.